L'anno d'oro del pop: così l'Italia cambiò musica

Quarant'anni fa, tre cantanti arricchivano la discografia nostrana, rispettivamente, con "Fiore di maggio", "Terra promessa" e "Notte prima degli esami". Tre brani che hanno fatto la storia della musica italiana

L'anno d'oro del pop: così l'Italia cambiò musica

Lui e lei vicini, dentro uno stretto abitacolo, mentre alla radio scorrono le note di una canzone d’amore. Lei si appoggia alla spalla di lui, la musica fa il resto. È il 1984 e l’Italia vibra al ritmo di canzoni pop che incantano le anime e raccontano storie di amore, speranza e cambiamento.

Fabio Concato ha appena composto Fiore di maggio, una poesia in note, dedicata alla nascita della primogenita Carlotta, immaginandola come un dono portato da un gabbiano in volo e posata su uno scoglio. In pochi mesi, questo brano scala le hit e si consolida come uno dei più belli da dedicare al proprio figlio. Così, da nord a sud, in un qualsiasi condominio di una qualsiasi città italiana non è raro sentire, a notte fonda, mamme e papà intonare le note di questa canzone nel tentativo di far addormentare neonati che non ne vogliono sentire di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.

Sono passati 40 anni da allora, il nostro Paese ha cambiato volto e musica. Le cassette audio hanno lasciato il posto allo streaming, attraverso cui possiamo accedere a un'infinità di brani musicali con un semplice clic. I cantanti interpretano il rap a colpi di autotune, le ninne nanne le trasmette Spotify, ma il ricordo di quegli anni è difficile da cacciare via. Nel 1984, la musica italiana riecheggia nelle camerette delle ragazzine che, cuffie alle orecchie, versano fiumi di lacrime per una storia d’amore appena finita, sperando che il telefono squilli e dall’altra parte della cornetta si materializzi la voce del proprio lui, con buona pace delle mamme, che alcune volte sono costrette a ricorrere al lucchetto.

Un timido Ramazzotti entra nelle nostre case

Le grandi città italiane, da Roma alla “Milano da bere”, pullulano di paninari, con indosso le felpe Best Company e le Timberland marroni ai piedi. Ci si innamora velocemente, ma con pudore, senza la frenesia di voler condividere ed esibire tutto sui social. Semmai, sotto il cuscino si nasconde un diario segreto nel quale annotare, gelosamente, le emozioni del primo bacio o della prima cotta. “Ci vediamo da Burghy o al muretto”, sono questi i social dell’epoca. “Cosa resterà di questi anni Ottanta”, cantava Raf. Solo una grande nostalgia, verrebbe da rispondere oggi. In effetti, dopo quel decennio, nulla sarebbe stato come prima. All’inizio degli anni Ottanta, in casa non ci sono computer, non esiste internet. Gli unici svaghi sono la radio e la televisione, con programmi nazional popolari come Drive In e Fantastico, che offrono un mix di comicità, musica e intrattenimento per tutta la famiglia. I canali tv sono sei, tre della Rai e tre targati Fininvest. Su Raiuno, a Sanremo, il 3 febbraio del 1984, Pippo Baudo presenta un ventenne un po’ impacciato: si chiama Eros Ramazzotti, viene dalla periferia di Roma, Cinecittà. T-shirt nera e giubbotto, ha l’aria timida di chi non è abituato ai grandi palchi, eppure, quella sera si aggiudica il primo posto nella categoria “Nuove proposte” con Terra promessa, e la sua vita cambierà per sempre e, forse, un po’ anche la nostra. “Non ci credevamo, non avevo neppure prenotato l’albergo per la finale”, ha detto di recente in un’intervista, riferendosi al successo inaspettato di quel brano. Eppure, da quella sera di 40 anni fa, musicalmente parlando, quel ragazzino dai riccioli castani, da poco diventato nonno, non ha sbagliato un colpo, raggiungendo un successo quasi planetario. E per i fan dallo zoccolo duro, riascoltare le sue canzoni più celebri è un modo per staccare la spina dal 2024 e catapultarsi in quell’epoca lontana in cui l’aria vibra di buono e di ottimismo.

Nasce l'inno dei maturandi

L'Italia vive una fase di trasformazione economica e sociale, i giovani hanno voglia di esprimersi e di lasciare il segno nella storia del Paese. L'atmosfera è carica di speranza e di entusiasmo, ma anche di sfide e incertezze. “Siamo i ragazzi di oggi. Pensiamo sempre all'America. Guardiamo lontano. Troppo lontano” canta Eros. Nelle stesse settimane, a Roma, Antonello Venditti scrive Notte prima degli esami, che uscirà a marzo di quell’anno. Lui non lo sa ancora, ma questo brano sarà destinato a diventare un inno per milioni di maturandi. Il testo raccoglie le emozioni che lo stesso cantautore romano ha provato un ventennio prima, durante l’estate della sua maturità, conseguita al liceo classico Giulio Cesare di Roma. “Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra, e un pianoforte sulla spalla”. Si trattava, probabilmente, di Venditti, Francesco De Gregori, Giorgio Lo Cascio, ed Ernesto Bassignano, che muovevano i primi passi nel mondo della musica, incontrandosi al Folkstudio, il loro locale preferito.

Quarant’anni dopo, al festival di Sanremo 2024, la canzone è stata interpretata da Gazzelle e Fulminacci, due giovani cantanti della scuola romana, che ci dimostrano come le nuove generazioni strizzino ancora l’occhio alla musica di quegli anni con nostalgia. Nostalgia di un’epoca che non hanno mai vissuto.

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