È Benito Mussolini ma sembra il Joker. La serie M. Il figlio del secolo di Joe Wright, con Luca Marinelli nei panni del duce, andrà in onda su Sky nel 2025. Le otto puntate, presentate fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, sono tratte dall'omonimo romanzo di Antonio Scurati. Nel corso della serie, assistiamo alla nascita del fascismo e alla ascesa di Mussolini fino all'omicidio Matteotti. Difficile mettere in scena il fascismo. In ogni caso, tocca prendersi un rischio. Se si è troppo didascalici, scattano le accuse di mancata dissociazione. Se si sceglie la strada opposta, cioè il romanzesco e lo spettacolo pop, si scontentano gli storici. M prende la seconda via. Il sottotitolo recita: Il figlio del secolo, ma qui non c'è il secolo e neppure il figlio. C'è un fumetto della Dc Comics come, appunto, il Joker. Sono da fumetto la scenografia, le luci e soprattutto il protagonista. Mussolini è il cattivo di turno, il «villain». L'interpretazione istrionica di Luca Marinelli, con il continuo rivolgersi in camera al pubblico, con le strizzate d'occhio o le chiose machiavelliche, calca la mano sull'aspetto grottesco e risulta una pedissequa imitazione di Kevin Spacey in House of Cards. Nelle intenzioni, Mussolini parla dall'oltretomba (non è troppa grazia?) agli spettatori per creare complicità, in senso criminale. «Guardatevi intorno siamo ancora tra voi», dice Mussolini. Il che mette in prospettiva militante, e attuale, le tirate contro il voto o la voglia di presidenzialismo. Tuttavia il fascismo non è la chiave giusta per capire il presente. Oggi il potere segue altre logiche, di certo non ha bisogno del fascismo per controllarci, anzi, deve sembrare «buono» e democratico. C'è così tanto fascismo in Italia che M viene proiettato alla Mostra del cinema, in una cornice istituzionale...
In ogni caso, c'è una storia (vera) interessante sul magnetismo dell'immagine «ducesca». Quando gli uomini della Columbia Pictures videro il film Mussolini speaks (1933), scrissero, a chi doveva distribuirlo negli Usa, di avere una star tra le mani. Il documentario incassò bene. Il punto è questo. Il Joker è cattivo ma chi non ne subisce il fascino?
Anche i personaggi secondari vengono dritti dal fumetto. Il futurista Filippo Tommaso Marinetti è un pallone gonfiato. I gerarchi sono uno più stupido e violento dell'altro. Poiché dietro a un grande uomo deve esserci una grande donna, specie di questi tempi, Margherita Sarfatti è un genio. La colonna sonora (bella) è affidata ai Chemical Brothers, maestri della musica elettronica, e anche questo ha un effetto straniante. Tra il 1919-1921, in Italia sarebbe potuto accadere qualunque cosa: marcia dannunziana su Roma, rivoluzione comunista, rivoluzione fascista. Tutto questo si intuisce e nulla di più. Non si capisce perché gli italiani si siano consegnati a un manipolo di squadristi. È stato solo l'effetto dell'abilità di Mussolini, rafforzata da paura e propaganda?
Per carità, è una serie tv, non un saggio. Si guarda volentieri, nonostante tutto. M è un prodotto d'intrattenimento che ha come legittimo scopo quello di raggiungere il successo e proseguire per altre due stagioni. Il fascismo e l'antifascismo c'entrano poco: sono una cosa seria e non una serie tv.
Invece la chiave di lettura di regista, sceneggiatori e cast è proprio attualizzante se non militante. Li ascoltiamo nell'incontro alla Terrazza Campari, tra la spiaggia del Lido e il red carpet. Joe Wright: «Il fascismo è espressione della mascolinità tossica di Mussolini».
Luca Marinelli: «Ho sospeso il giudizio su Mussolini per la durata delle riprese. Per me, antifascista convinto, è stato un dolore (frase che ripeterà molte volte, ndr). Pensare al senso dell'opera mi ha confortato: la storia oggi si ripresenta».
Stefano Bises, sceneggiatore: «Non abbiamo mai fatto i conti con il fascismo. Infatti vediamo risorgere ovunque il brand di maggior successo mai creato in Italia: il fascismo». Forse per questo il film fa il verso allo slogan di Donald Trump: «Make Italy Great Again».
Alla fine il colpo di scena, durante la successiva conferenza stampa istituzionale. Profondamente calato nella parte dello scrittore impegnato, con una maglietta nera, colore perfetto, dalla platea si alza Antonio Scurati e tiene un mini comizio: «Il film come il romanzo fanno capire cos'è il fascismo. Lo fanno in una forma nuova, coinvolgente e mobilitante, da un punto di vista antifascista, cioè democratico e popolare». Mobilitante, addirittura.
Poi lo scrittore conclude: «Lo spettro del fascismo si aggira per l'Europa ma non siamo noi a evocarlo, non è il mio romanzo, non è questa serie. Sono altre forze che hanno questa responsabilità». Excusatio non petita...
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