Conoscendo un poco il superbo orgoglio dei viennesi riguardo le proprie tradizioni musicali, di cui il Concerto di Capodanno è divenuto simbolo massimo, sentire il maestro Riccardo Muti rivolgere un augurio speciale di «pace, fratellanza e amore» nella propria lingua italiana, mi ha commosso. Di solito tutti i direttori ospiti lanciano il saluto di prammatica in tedesco: la rottura del protocollo ha un profondo significato, non solo per il contenuto, cadendo in tempi di violenza e guerra, ma anche perché pronunciato in mondovisione nella lingua della musica - per rimanere solo ai casi legati a Vienna, è la lingua sublime di Lorenzo Da Ponte e Mozart e di Ranieri de' Calzabigi e Gluck. Pubblico stipato e composto secondo tradizione, dalla platea alle logge occupate dai vertici della Repubblica, il presidente Alexander von der Bellen, il cancelliere Karl Nehammer e membri della coalizione di governo verde-popolare. Un vecchio adagio dice che in Austria sono più importanti le dimissioni dell'Intendente della Staatsoper che una crisi di governo.
Il fatto che Muti sia stato invitato per la settima volta sull'ambito podio (record fra i direttori in attività), rivela l'amore reciproco che corre da decenni fra l'absburgica Vienna e il nostro maggior direttore. La standing ovation finale non è stato un pro forma, ma un ringraziamento a Muti e ai magnifici filarmonici viennesi, che con lui e per lui suonano con un rispetto che sfocia nell'affetto.
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