Il boss del Vomero Luigi Cimmino ha iniziato a collaborare con la giustizia. Una notizia clamorosa che potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta dello Stato contro le organizzazioni criminali, in particolare l’Alleanza di Secondigliano, che devastano Napoli con la loro violenza e la loro ferocia.
Cimmino, 61 anni molti dei quali trascorsi in carcere, ha iniziato a parlare con i magistrati della procura di Napoli guidata da Giovanni Melillo. I primi verbali, quasi tutti secretati, sono stati depositati venerdì 15 aprile dal pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano nel corso dell’udienza preliminare per 40 imputati accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver imposto tangenti e aver controllato gli appalti degli ospedali dell’area collinare di Napoli
Una importante decisione, quella dell’uomo che gli investigatori ritengono essere uno dei capi clan storici dei quartieri Vomero e Arenella, che potrebbe aiutare a svelare i retroscena di decenni di storia della camorra e delle infiltrazioni della malavita nel tessuto imprenditoriale della città.
In realtà Cimmino aveva già preso la decisione di pentirsi nel 2018. Ma la procura non accolse quel ravvedimento in quanto, secondo la Dda, la mossa era solo legata a una questione di interesse: l’uomo, per l’Antimafia, mirava ad evitare il 41bis magari riuscendo anche ad ottenere gli arresti domiciliari. Ora, però, le cose sarebbero cambiate per davvero.
Il 61enne dice di essere "stanco". Le sue parole sono ritenute credibili. Su questa svolta potrebbe aver pesato anche l’arresto del figlio Diego, finito in carcere nell’ottobre del 2021 nell’ambito del maxi blitz nei confronti di una quarantina di persone, alcune ritenute appartenenti all’Alleanza di Secondigliano, altri pubblici ufficiali e imprenditori. Soggetti che, evidenzia Il Riformista, secondo le indagini erano coinvolte nell’alterazione di gare di appalto ospedaliere ed estorsioni alle ditte operanti presso le strutture sanitarie.
L’arresto di Cimmino
Cimmino venne arrestato dai carabinieri della sezione Catturandi del Nucleo investigativo di Napoli nel marzo del 2016 a Chioggia, in provincia di Venezia. L’uomo fu ritrovato in un armadio all’interno di una casa che condivideva con un operaio casertano incensurato.
Il blitz fu preceduto da un complicato lavoro di indagine. I militari riuscirono a mettere insieme tutti i tasselli del puzzle. A fornire tracce sul nascondiglio del ricercato furono alcuni medicinali per la cura del diabete, patologia che affliggeva il boss.
Silvia Ruotolo, vittima innocente di camorra
Nel giugno del 1997 Cimmino riuscì a sfuggire ad un raid di camorra condotto da un commando di fuoco facente capo al boss Giovanni Alfano che entrò in azione in Salita Arenella. Nell’agguato perse la vita la 39enne Silvia Ruotolo, madre dell’attuale consigliere comunale Alessandra Clemente e cugina del noto giornalista Sandro. La donna stava camminando in strada quando fu colpita alla testa da un proiettile vagante. Una morte che sconvolse l’intera città.
Prezioso per l'individuazione del gruppo di fuoco fu la collaborazione con la polizia di Rosario Privato, killer di fiducia del boss Alfano pentitosi dopo l’arresto avvenuto il 24 luglio successivo mentre si trovava in vacanza al mare in Calabria.
Come ricorda ancora Il Riformista, in un’intervista rilasciata nel 2011 a Repubblica, Privato ha raccontato gli attimi che hanno preceduto la tragedia. Secondo la sua versione il commando partì dalla Torretta dopo la segnalazione di un summit in corso tra alcuni esponenti del clan Cimmino-Caiazzo. "Eravamo in cinque su due macchine e avevamo sei pistole", ha ricordato Privato aggiungendo che una volta arrivati sul luogo designato, cioè Salita Arenella, vennero esplosi oltre 30 colpi di pistola in due diverse occasioni.
Nel corso del raid venne colpita a morte Silvia Ruotolo. Il killer, però, spiegò di non essersi reso conto di nulla aggiungendo che seppe della morte della donna solo in seguito vedendo il telegiornale.
"Dopo l’omicidio, quando sono sceso alla Torretta (zona a pochi passi dal lungomare, ndr) sono andato al mare per togliere la polvere da sparo dalle mani", ha raccontato ancora Privato che nel corso della sua carriera criminale ha confessato 40 omicidi.
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