Addio ad Agostino Cordova: fu il primo a indagare su mafia e massoneria

Il magistrato aveva 88 anni ed è deceduto venerdì sera nella sua casa di Reggio Calabria, sua città natale: negli anni Novanta aveva guidato la Procura di Napoli occupandosi anche di camorra

Addio ad Agostino Cordova: fu il primo a indagare su mafia e massoneria
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Lutto nel mondo della magistratura: è scomparso all'età di 88 anni Agostino Cordova, che guidò le procure della Repubblica di Palmi (Reggio Calabria) e di Napoli e fu il primo a occuparsi dei rapporti tra mafia e massoneria tramite inchieste giudiziarie che fecero parecchio scalpore. In pensione da diverso tempo, è morto venerdì sera nella sua casa nella città reggina della quale era originario. Diventato magistrato nel 1963, è stato inizialmente pretore proprio a Reggio prima al penale e poi al civile, fino al 1970, per poi passare al Tribunale, dove è stato componente di collegio per cinque anni.

Le indagini su 'ndrangheta e massoneria

A metà degli anni '70 passò all’Ufficio istruzione, dove è rimasto fino al 1980. In quel periodo aveva istruito importanti processi contro le cosche della 'ndrangheta, tra cui quello contro il gruppo cosiddetto "dei 60" capeggiato da Paolo De Stefano, ucciso in un agguato a Reggio Calabria nell’ottobre del 1985. Il processo si concluse con la condanna di buona parte degli imputati. Dopo di che nel 1992 il procuratore di Palmi avviò una inchiesta sui rapporti tra 'ndrangheta e massoneria e chiese al Grande Oriente d'Italia gli elenchi dei massoni calabresi. All'epoca c'era Giuliano Di Bernardo a capo del GOI e quest'ultimo mostrò un atteggiamento collaborativo, nonostante le pressioni tutte interne, perché si convinse che il lavoro di Cordova era assolutamente fondato su elementi concreti.

Il passaggio di Cordova a Napoli

E così il magistrato aprirà un'inchiesta in concomitanza con le elezioni politiche del 1992 e metterà sotto inchiesta diversi big della politica calabrese, come l'allora sottosegretario socialista Sandro Principe, chiedendone l'arresto (poi respinto dalla Camera). L'indagine sull'inquinamento delle logge e le infiltrazioni 'ndranghetistiche metterà a soqquadro la massoneria calabrese e italiana, anche se alla fine si concluderà con un nulla di fatto. Un'altra indagine di rilievo si concentrò su presunte irregolarità negli appalti per la realizzazione della centrale termoelettrica dell'Enel a Gioia Tauro e portò, nel luglio del 1990, al sequestro del cantiere. Alla scadenza del mandato a Palmi, Cordova concorse per la guida della Direzione nazionale antimafia ma non la ottenne. Nel luglio del 1993 venne quindi nominato procuratore capo a Napoli. Nel capoluogo campano condusse alcune inchieste importanti contro la camorra: tuttavia il Csm optò per trasferirlo per incompatibilità ambientale in Cassazione, però il magistrato calabrese vinse il ricorso al Tar.

Le liti con Cossiga

Tra i tanti attacchi contro il magistrato, nel libro "Oltre la cupola" di Francesco Forgione e Paolo Mondani, si legge che l’avversario più arcigno di Cordova fu Francesco Cossiga. Dopo aver chiuso la sua esperienza da Presidente della Repubblica venne a conoscenza del rapporto riservato che Cordova aveva inviato al Csm e reagì in maniera furibonda: "Fascista. Paleostalinista. Modestissima persona. Ma chi ti ha fatto entrare in magistratura? Meno male che non lo feci nominare Superprocuratore antimafia". Il senatore a vita si infuriò per i riferimenti ai suoi rapporti con Armando Corona contenuti nella relazione. L'ex capo dello Stato sarebbe "intervenuto molte volte in difesa della Massoneria, e Corona fu invitato all’insediamento di Cossiga e si recò da lui centinaia di volte". Nel caso di inviti improvvisi "Corona veniva prelevato all'aeroporto dagli autisti del Quirinale".

Cossiga sbottò davanti ai giornalisti: "Cordova è andato a raccogliere spazzatura negli angiporti di qualche confidente delle forze di polizia". La polemica non finì là e lui telefonò al presidente Scalfaro segnalandogli una presunta illegalità del dossier Cordova, a cui fece seguire una interpellanza urgente al presidente del Consiglio e ai ministri di Grazia e Giustizia e dell’Interno, dove adombrava il sospetto di essere stato spiato da Cordova in maniera abusiva.

"Cossiga si sente perseguitato, tanto da sostenere di nutrire dubbi sulla sua incolumità e di avere bisogno di una scorta. Chiede persino che la Procura di Roma apra una indagine su chi lo avrebbe intercettato, visto che la raccomandazione di Corona gli arrivò per telefono".

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