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Stuprata e gettata giù dal balcone. Ma Fortuna Loffredo non ha ancora una tomba a Caivano

Dopo dieci anni la Fortuna Loffredo non ha ancora un loculo. La piccola "Chicca" aveva appena 6 anni quando morì nel Parco Verde di Caivano. Il vicino di casa è condannato all'ergastolo

Stuprata e gettata giù dal balcone. Ma Fortuna Loffredo non ha ancora una tomba a Caivano
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Il suo è un disperato grido di dolore, l'amaro sfogo di una madre la cui sofferenza non si è sopita in alcun modo, nonostante siano trascorsi dieci anni dalla tragedia. "Sto ancora aspettando il loculo promesso per mia figlia - dice -. Non è giusto. Fortuna meritava rispetto in vita e ora merita dignità anche nella morte". Mimma Guardato è la mamma di Fortuna Loffredo, detta Chicca, la bimba di 6 anni uccisa nel 2014, gettata da un terrazzo di un palazzo del Parco Verde di Caivano dopo essere stata vittima di abusi. Per la sua morte Raimondo Caputo, convivente di una vicina di casa, è stato condannato all'ergastolo con le accuse di omicidio e violenza sessuale.

La vicenda

La piccola fu uccisa perchè voleva ribellarsi agli abusi che subiva, una verità emersa dopo un muro di silenzi e omertà che hanno complicato le indagini. Mimma Guardato non si limita a ricordare sua figlia, ma parla anche della condizione delle donne e dei bambini di oggi. "La donna deve essere amata e rispettata - afferma - non trattata come una proprietà. Gli uomini devono dimostrare amore ogni giorno, non solo in queste occasioni speciali. E i bambini, se li mettiamo al mondo, dobbiamo crescerli con amore, rispetto e valori sani. Questi valori vanno insegnati sin da piccoli, ma come si fa se a casa vedono solo violenza, urla e botte?". E sottolinea l'importanza di intervenire sulle famiglie per prevenire tragedie come quella di sua figlia. "I bambini sono lo specchio di ciò che vivono - continua -. Se crescono vedendo solo rabbia e dolore, è quello che porteranno nel loro futuro. Io non voglio solo belle parole, voglio che mia figlia sia rispettata. Voglio che le donne e i bambini qui abbiano un futuro diverso. Non si può lasciare che la violenza vinca sempre".

La testimonianza in una terra difficile

Francesca, un'altra madre di Caivano, vive con la costante preoccupazione per il futuro della figlia di dieci anni. "Ho più paura per lei - racconta - che per i maschietti. Qui non si fa abbastanza per proteggere donne e bambini. A Caivano c’è tanta omertà. La gente ha paura di denunciare. Anche quando una mamma lo fa, spesso lo fa solo quando è costretta. E non è detto che venga davvero protetta". La donna evidenzia la necessità di ampliare l'attenzione oltre il Parco Verde. "Caivano è grande - spiega - e il problema della violenza sulle donne è ovunque, non solo lì".

L'insegnante che aiuta le famiglie in difficoltà

In questo ambiente complicato e precario, Pina Pascarella, insegnante nel quartiere, rappresenta una figura di riferimento per tante famiglie. "A Caivano - dichiara - bisogna prima essere mamme e poi insegnanti. Questi bambini vivono situazioni di degrado, vedono violenza fisica e psicologica in casa. Cerco di insegnare loro cosa significa amare e rispettare". Nella sua scuola, Pina dedica un'ora al giorno all'educazione sentimentale e sogna di aprire un centro antiviolenza a Caivano, perché oggi non esiste un luogo simile. "Le donne hanno paura di denunciare perché spesso si sentono abbandonate - evidenzia -. Le istituzioni devono fare di più: non bastano interventi spot o simbolici, serve una presenza concreta, continuativa, capace di dare sicurezza a chi decide di denunciare. Non possiamo lasciare sole le donne e le famiglie in queste situazioni".

"Le donne si sentono sole"

Poi ricorda anche un episodio personale. "Anni fa - conclude -una madre vittima di violenze cambiò idea e decise di non denunciare il marito perché temeva per la vita dei suoi figli e non si sentiva protetta.

È questo il problema: le donne si sentono sole. La violenza sulle donne non è solo un problema delle famiglie, è un problema della società. A Caivano si può ancora fare tanto, ma serve il coraggio di chi denuncia e la forza di chi ascolta".

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