Il tema dell’immigrazione «è preoccupante» e serve con urgenza un "sistema che funzioni perché non accada più ciò che è avvenuto a Cutro". La Cei di sinistra? "È una caricatura, perché la Chiesa non fa politica". Intervista al Giornale del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente dei vescovi italiani, che parla anche dei 10 anni di Pontificato di Francesco.
Eminenza, l’Italia piange in questi giorni i morti a Cutro. Lei ha detto che "chi non ha casa va accolto". Qual è il suo appello alla politica che deve rispondere a questa tragedia?
Il mio appello è di rendere l’importante e anche duro dibattito in corso, utile per scelte condivise che guardano al futuro e per trarre da questa tragedia, che ci coinvolge tutti, serietà per cambiare. Non dimentichiamo le stesse tragedie: sarebbe offensivo per chi non c’è più. Ricordo quella immane di Portopalo (nel 1996) o quella di Lampedusa, dieci anni or sono, le dichiarazioni sono sempre le stesse. E purtroppo anche le risposte, insufficienti, contingenti. Questo succede perché non riusciamo ancora ad affrontare in maniera sistematica il fenomeno dell’immigrazione, a dotarci di mezzi adeguati, dignitosi per i migranti e per un Paese con la nostra storia e cultura. Certo resta un problema di dimensioni epocali e sempre più in crescita. Come ricorda Papa Francesco è un’illusione pensare di stare al sicuro perché costruiamo muri ancora più alti o spessi. Bisogna aiutare a partire e a restare. Me lo ricorda la formula di un progetto Cei, “Liberi di partire, liberi di restare”, dove c’era l’ambizione di gestire il processo e non di subirlo. Spero che la scelta di una cooperazione sia di grande livello e non piccolo cabotaggio. Poi chi scappa e non ha più niente, non può certo tornare indietro dove una casa non ce l’ha! Mi ricorda quando, durante il covid, venivano multati perché all’aperto i senza fissa dimora!
Secondo lei il ministro dell’Interno è responsabile e dovrebbe dimettersi come chiedono alcuni esponenti politici?
«La prima vera responsabilità è quella della verità e della chiarezza. È evidente che le interlocuzioni necessarie, doverose, porteranno a questo.
Non entro nel merito delle affermazioni del ministro. Credo oggi sarebbe chiaro non colpevolizzare la disperazione. Dobbiamo fare tesoro di questa tragedia per capire cosa non ha funzionato nei soccorsi e quali correttivi bisogna immediatamente apportare perché non succeda più e se ci dovesse essere un nuovo pericolo non si arrivi tardi o per niente.
Eppure l’accoglienza illimitata ha reso le città più insicure, come abbiamo visto a Milano.
«Nessuno ha mai parlato di accoglienza illimitata. È proprio un concetto errato: è ragionare in termini di massimizzazione, che finisce per porre in maniera sbagliata il problema e le soluzioni. Direi di più: far credere che accogliere significhi non controllare più niente fa apparire un pericolo quello che al contrario ci può garantire il futuro e di cui abbiamo urgente bisogno, come ha ricordato il ministro dell’Agricoltura e come sollecita Confindustria. Quello che serve è gestire. La politica deve gestire. Quando si dice “accogliere”, significa ad esempio pensare a dei flussi adeguati e che non servano anni per decidere come organizzarli. Abbiamo gente che cerca solo di poter lavorare, abbiamo il lavoro: perché non mettere insieme le due cose?
Ecco il sistema di cui le parlavo. Se non c’è sistema la gente ha paura, perché non si senta protetta. E anche gli stessi profughi non lo sono! Per questo insistiamo su un sistema di accoglienza che funzioni. I corridoi umanitari funzionano perché rappresentano un sistema, danno sicurezza, in cui ci sono delle responsabilità, delle regole. Speriamo che con il concorso di tutti si arrivi a un sistema funzionante. Se non c’è sistema, c’è l’estremizzazione che non porta a nulla e alla fine favorisce la clandestinità. Gli ingressi legali combattono quelli illegali e chi ne approfitta, come gli scafisti! Non farli lascia crescere solo la disperazione dalla quale sanno bene guadagnare in maniera ignobile.
Eminenza, per l’opinione pubblica moderata la Cei viene percepita politicizzata e troppo a sinistra. È d’accordo?
«Per niente. Penso che sia una caricatura, purtroppo, di una lettura politica della Cei e di una politica che riduce tutto al contingente e ad una lettura strumentatale. Dobbiamo, nella dialettica, tirare tutti dalla stessa parte! Se la Cei difende chi muore in mezzo al mare, difende chi muore in mezzo al mare, perché sono persone, così come difende sempre la vita fragile com’è. La Chiesa difende le persone, tutte, dall’inizio alla fine. La Chiesa è una madre che difende tutti e tutta l’intera vita.
Guai quando queste letture politiche entrano nella Chiesa stessa! La Chiesa parla, certamente, e deve parlare, deve difendere le persone e chiede a chi deve gestire la cosa pubblica di ascoltarla, perché difende loro non sé stessa. E lo chiede sempre, con grande libertà, qualunque colore politico sia al governo.
È appena passato l’8 marzo, la festa della donna. Per l’opinione pubblica, la Chiesa non riconosce con entusiasmo il ruolo di una donna di destra al governo. È vero?
Il fatto che per la prima volta alla guida del governo ci sia una donna è un fatto largamente positivo, riconosciuto da tutti. Teniamo presente, però, c’è ancora tanta diseguaglianza, come ad esempio le retribuzioni. Le altre valutazioni, al tempo opportuno.
Niente di pregiudiziale, come sempre. Dobbiamo tutti ricordare il rispetto e l’onore delle istituzioni, chi deve servirle guidandole e chi ne fa parte in tanti modi. Grande rispetto, ma anche libertà e autonomia nel confronto, sempre nella necessaria collaborazione.
Eminenza, fra qualche giorno saranno 10 anni di pontificato di Francesco. Si ritrova sulle linee del Papa?
Appartengo a una Chiesa in cui il Papa è colui che presiede nella comunione e a cui si obbedisce. Per principio, quindi, le linee del Papa sono le mie. Sono quelle della Chiesa. Poi obbedire vuol dire anche discutere, arricchirle, maturarle assieme. Papa Francesco ha sempre insistito su questo. Ci dice di camminare in maniera sinodale, cioè insieme, non di diventare tutti uguali! Ma uniti, questo sì! Le tante indicazioni di Papa Francesco sono davvero importanti oggi perché la Chiesa sia nella storia e sappia affrontare con intelligenza e partecipazione di tutti le sfide che si trova davanti.
E se fosse lei il successore, sarebbe contento?
Assolutamente no (ride). Potrei esserlo perché sono eleggibile, sempre se il Signore mi dà vita. Sono però sufficientemente cosciente dei miei limiti.
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