“Improcedibile e infondato”. Il Tar annienta un altro ricorso delle Ong contro l’Italia

Le Ong continuano a sbattere contro il muro della giustizia italiana, che ha respinto l'ennesimo ricorso di un porto non gradito per lo sbarco dei migranti

“Improcedibile e infondato”. Il Tar annienta un altro ricorso delle Ong contro l’Italia
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C'è una convinzione radicata nelle Ong di poter operare al di sopra di qualunque legge nazionale, se questa è italiana. Fomentati e appoggiati per anni dalla sinistra, gli equipaggi della flotta civile si sentono in diritto di potersi imporre in un Paese sovrano. Con il decreto Piantedosi, strutturato per limitare l'azione delle Ong e contenere, almeno da quel versante, l'ingresso di stranieri irregolari e, al contempo, tenere sotto controllo l'organizzazione del sistema di accoglienza. Un concetto che alle Ong non sembra interessare, tanto da continuare a gravare sul sistema giudiziario italiano con continue richieste di intervento da parte delle autorità per contestare le decisioni in merito all'assegnazione dei porti.

L'orientamento del Tar in merito è sempre stato molto chiaro: la decisione sulla scelta del porto di sbarco spetta esclusivamente all'autorità italiana. E non esiste correlazione tra porto sicuro e porto più vicino. Ma le Ong non si arrendono e continuano a lamentarsi delle scelte del ministero dell'Interno. E ancora una volta il ricorso di un'organizzazione non governativa è "irricevibile". L'ultima a tentare la strada del Tar è Emergency, che ad aprile aveva deciso di fare ricorso per l'assegnazione del porto di Brindisi perché, a loro dire, era "disagevole da raggiungere e contrastante con la normativa internazionale di riferimento".

Ma il Tar è di tutt'altro avviso: la scelta del porto è insindacabile perché, spiega il tribunale, la valutazione sulla scelta del porto è in totale capo al ministero dell'Interno e la decisione va valutata all'interno di una "unitaria attività di pattugliamento e soccorso in mare". Le Ong muovono da sempre la pretesa di poter decidere in modo arbitrario in quale porto andare a sbarcare i migranti raccolti in mare, eleggendo come proprio porto preferito Lampedusa o, al massimo, uno qualunque dei porti della Sicilia sud-orientale in caso di operazioni nella zona libica. Ma il Tar è irremovibile e ancora una volta è chiamato a spiegare che la scelta di un porto è un'operazione che deve inserirsi nelle "delicate implicazioni di carattere militare, di polizia, di ordine pubblico interno e di politica migratoria".

In palio, in questo delicato intreccio di decisioni, ci sono "posizioni, oltre che interessi, di politica estera del governo" ma anche "scelte e azioni di carattere politico, al cospetto delle quali il diritto di conoscere ai arresta". Per queste ragioni è stato negato alla Ong la pubblicazione degli atti che hanno portato a quella decisione.

La decisione del Tar è netta: il ricorso è "respinto, in quanto improcedibile e comunque infondato". Ora la Ong anche l'onore del pagamento delle spese legali. Magari apriranno una nuova raccolta fondi, come spesso fanno per avviare le nuove attività in mare.

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