L'isola di Ischia colpita ancora una volta da una tragedia. Un fiume di fango e di detriti ha invaso Casamicciola a partire dalle ore 5.00. Una frana legata al maltempo, una corsa contro il tempo per salvare i dispersi. Secondo quanto confermato, sono dieci gli edifici crollati. Dalla montagna sono caduti massi, il fiume di fango ha poi travolto alcune abitazioni, trascinando le macchine fino al mare.
Una situazione estremamente complicata, ma non nuova per Ischia. Un pezzo di paradiso fragile, ad alto rischio sismisco e provato dal dissesto idreologico. L'isola, infatti, è stata colpita da quattro tragedie negli ultimi sedici anni, ma il problema è noto da oltre cento anni. Risale infatto al 1910 il primo allarme: all'epoca una frana devastò Casamicciola dopo giorni di pioggia.
Il dramma di Ischia
Come anticipato, Ischia negli ultimi anni è stata tramortita più di una volta. Il 30 aprile 2006 la sciagura nella frazione Pilastri: una colata di fango colpì un'abitazione, causando la morte di quattro persone (il 53enne Luigi Buono e le tre figlie Anna, Maria e Giulia). Poi, tre anni più tardi, un'altra frana, questa volta a Casamicciola: vittima la quindicenne Anna De Felice, in auto con la madre e il padre mentre raggiungeva la scuola. Poi, sempre a Casamicciola, la catastrofe del 21 agosto del 2017: un terremotò provocò il crollo di tre case. Bilancio di due morti, quarantadue feriti e oltre due mila sfollati. Precedenti allarmanti, con i consueti dibattiti sull'abusivismo e sulla necessità di intervenire.
Il j'accuse del climatologo
In attesa di conoscere il conto esatto di vittime, feriti e sfollati, si è già acceso il dibattito politico. Tra abusi edilizi e strade dissestate, è partita la cosa alla denuncia. Particolarmente muscolare la presa di posizione del climatologo Massimiliano Fazzini, referente del team rischio climatico della Società italiana di geologia ambientale (Sigea). Interpellato dall'Adnkronos, l'esperto ha spiegato che nell'isola si è costruito troppo, soprattutto in aree dove non si doveva farlo:"Queste sono zone più volte interessate negli ultimi cento anni da colate di detriti e fango, nonostante l'evidenza di pericolosità ambientale si è continuato a fabbricare su aree a rischio rendendole così particolamente vulnerabili. E oggi ne abbiamo avuto l'esempio lampante. È da luglio che parliamo di combinazioni drammatiche, è arrivato il momento di prendere coscienza che l'ambiente fisico non è più resiliente".
Secondo Fazzini i tempi della prevenzione sono finiti, è giunto il momento dell'adattamento sotto il coordinamento delle istituzioni: "A fronte di un rischio (alluvione, frana, etc..
) bisogna mettersi al sicuro seguendo i decaloghi contenuti nei piani di Protezione civile, fare piani di adattamento alla scala di bacino, alla scala di comune, ovvero tutto ciò che possa unire le forze per mitigare il rischio specifico derivante dalla crisi climatica".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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