Davide Astori si sarebbe potuto salvare, se alcuni segnali della patologia di cui soffriva fossero stati indagati a fondo. È la tesi avvalorata dalla Corte di appello di Firenze con la conferma della condanna a un anno di reclusione (pena sospesa) per il medico sportivo Giorgio Galanti, accusato di omicidio colposo per la morte del capitano della Fiorentina, trovato senza vita la mattina del 4 marzo 2018 nella sua camera di albergo a Udine mentre era in ritiro con la squadra.
Astori, è stato accertato dai medici, morì per un arresto cardiaco dovuto a una cardiomiopatia aritmogena: una malattia silente, ma che secondo le accuse era affiorata con episodi di extrasistolia ventricolare evidenziati nei tracciati della prova da sforzo. A Galanti, 74 anni, che all'epoca dei fatti contestati era direttore sanitario del Centro di riferimento di medicina dello sport dell'Azienda ospedaliero universitaria di Careggi, la Procura ha contestato il rilascio ad Astori di due diversi certificati di idoneità alla pratica del calcio, nel luglio 2016 e nel luglio 2017. Secondo una consulenza tecnica effettuata da periti, i certificati di idoneità vennero rilasciati nonostante fossero emerse, nelle rispettive prove da sforzo, aritmie cardiache che avrebbero dovuto indurre i medici a effettuare accertamenti diagnostici più approfonditi al fine di escludere una cardiopatia organica o una sindrome aritmogena che, se fosse stata diagnosticata mentre si trovava in una fase iniziale, avrebbe consentito di interrompere l'attività agonistica di Astori e, tramite la prescrizione di farmaci, di rallentare la malattia e prevenire l'insorgenza di "aritmie ventricolari maligne".
In attesa di un probabile ricorso per Cassazione della difesa, viene dunque confermata la ricostruzione emersa dal processo (con rito abbreviato) di primo grado, chiuso con una condanna nonostante le conclusioni della perizia voluta dal tribunale fossero state apparentemente favorevoli alla difesa. "I periti hanno aggiunto che la sospensione dell'attività sportiva avrebbe sicuramente rallentato la progressione della malattia ma comunque non avrebbe escluso con certezza l'arresto cardiaco – scriveva il gup Antonio Pezzuti -Tale argomentazione non appare condivisibile". Questo perché, secondo il giudice, "una corretta diagnosi effettuata all'esito di tutti i necessari accertamenti avrebbe comportato l'installazione di un impianto di defibrillazione e ciò avrebbe escluso la morte del calciatore".
"Ora mi sento un po' più
leggera, ringrazio tutti per l'affetto che hanno dimostrato nei confronti di Davide e di tutti noi", le prime parole a caldo di Francesca Fioretti, compagna di Davide Astori, presente all’udienza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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