"Polizia in pericolo". Da Askatasuna ai violenti di piazza: gli agenti nel mirino

Giuseppe Cruciani provoca con una riflessione sulla polizia in pericolo ma costringe a una riflessione sull'orientamento del dibattito: agenti sotto accusa e "bravi ragazzi" giustificati in ogni loro violenza

Foto di repertorio
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Le forze di polizia sono da sempre uno degli obiettivi degli antagonisti, che disprezzano qualunque rappresentazione dello Stato. Sono bersaglio di angherie, vere e proprie violenze che durante i cortei vengono mascherate da generici scontri, per i quali la politica orientata a sinistra pretende anche che si assumano ogni responsabilità. I "bravi ragazzi" dei centri sociali, dei collettivi studenteschi e dei gruppi anarchici trovano, troppo spesso uno scudo nelle parole di certi politici.

Si sentono più che legittimati a sputare contro gli agenti, sferrare calci e tentare di forzare i cordoni di pubblica sicurezza, perché tanto troveranno sempre un politico benpensante pronto a difendere quei "bravi ragazzi" e a dar contro agli agenti. Perché non ci sono solo gli scontri di Pisa e di Firenze, comunque nati per una violazione da parte dei manifestanti, ma c'è anche il caso della legittimazione di Askatasuna, violento centro sociale di Torino, che ora il Comune tenta di legalizzare per legittimarne l'esistenza.

"La polizia è in pericolo dopo quello che è successo, è la polizia a essere in pericolo, non i ragazzi", è il commento di Giuseppe Cruciani durante un intervento nel suo programma radiofonico La Zanzara. Le parole del giornalista tendono all'iperbole ma la sua è una riflessione che andrebbe fatta per rimettere ordine nei ruoli e nelle dinamiche. Qualcuno si è chiesto quali possano essere le conseguenze di questo lassismo da parte degli ideologi di sinistra sull'ordine pubblico e sulla sicurezza del Paese? Le forze di polizia stanno lanciando chiari segnali di insofferenza davanti ai continui atti d'accusa per il loro operato, si stanno stancando di essere trascinate nella diatriba politica in modo strumentale, vestite dei panni di pedine schierate contro la democrazia.

E si sono anche stancate di andare in piazza con stipendi non adeguati e di essere costrette a subire qualunque violenza, fisica o verbale, senza poter reagire. Perché c'è sempre lo smartphone di questo o di quello pronto a riprendere solo una parte di quel che accade, una parte decontestualizzata che non stupisce essere sempre quella che li colpevolizza. Se a Firenze e a Pisa ci sono stati comportamenti meritevoli di censura da parte degli agenti è giusto procedere, ricordando sempre che le responsabilità sono individuali e che chi sbaglia è giusto che paghi.

Ma senza dimenticare nemmeno che questo ragionamento dev'essere bilaterale: se i manifestanti agiscono con violenza, tentano di forzare i dispositivi di sicurezza, agiscono in spregio delle regole e del bene pubblico, devono pagare. Perché a giustificare i "bravi ragazzi" non si fa un buon servizio, né a loro e nemmeno alla società.

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