Agli inizi, durante, dopo il covid la comunicazione ha avuto un ruolo centrale, troppo spesso creando una confusione insostenibile per qualunque cittadino. Si dimentica tutto questo molto facilmente, perché questa ormai è una condizione umana per vivere la contemporaneità, ma uno sforzo di memoria è auspicabile che venga fatto. Ricordiamoci come ci è stato raccontato il covid, ripensiamo a quello che ci veniva autorizzato o proibito, a ciò che si diceva fondamentale o superfluo. E allora ricordiamoci anche che una terribile pandemia, proprio la comunicazione - giornalistica, televisiva - l’aveva trasformata in ideologia. C’era il partito del vaccino sì o no; della mascherina sì o no; della presenza nel luogo di lavoro sì o no... e, sempre nella speranza di ricordare, si potrebbe fare una lista di sì e di no lunga qualche pagina. Democrazie del pensiero? No, profonda ignoranza spacciata per libertà di pensiero.
Una terribile pandemia trasformata in chiacchiera dagli stessi medici diventati stucchevoli star televisive che, soltanto per apparire, straparlavano, litigando tra loro. Chi ascoltava, perché era umano desiderare di avere delle indicazioni sui comportamenti da tenere, era frastornato, trovandosi a decidere sul da farsi non con cognizione di causa scientifica, ma per scelta di «partito ideologico». La comunicazione aveva trasformato una malattia in un programma televisivo, in un titolo a prima pagina di giornale. Questa premessa è doverosa, perché incominciano a filtrare sommessi suggerimenti, notizie furtive, ovvietà insinuate come subdoli avvertimenti. Cosa sta accadendo? C’è il Natale, e a questa bella festa si appiccica il sospetto della nuova presenza del covid.
Se è buona norma lavarsi le mani quando si torna a casa e prima di andare a pranzo, se è un fatto di semplice buon gusto non starnutire in faccia alle persone e non soffiarsi il naso rumorosamente, se insomma le buone maniere che si imparano a casa da piccoli e che dovrebbero essere i comportamenti acquisiti attraverso un’elementare educazione, improvvisamente si trasformano in un’allerta perché il nemico è dietro l’angolo, è naturale spaventarsi. Ci risiamo!, viene da pensare. E invece questo pensiero non deve affatto arrivare. I buoni comportamenti e le buone usanze di sempre non devono diventare, perché c’è il Natale, paura.
Possiamo sperare che se qualcuno viene ricoverato di covid non si apra il dibattito televisivo tra medici che invece di spiegare razionalmente, si rubano la parola per apparire migliori del proprio interlocutore? Se accadrà questo, mi auguro che ci sia una censura dell’intelligenza: cambiamo immediatamente canale, facendo fallire quel programma. Piuttosto è auspicabile un’alleanza tra la comunicazione a tutti i livelli e la competenza scientifica a tutti livelli, mettendo da parte sia la ricerca dello share, sia il dibattito filosofico sui limiti del sapere scientifico.
Il cittadino qualunque, cioè chiunque, ha bisogno di essere informato ed è corretto ricordare le buone norme dell’igiene, come è bene ricordare di non correre con la macchina e di non bere e poi mettersi alla guida. Da un elementare punto di vista educativo, generare paura per impedire un comportamento non dà risultati positivi, spesso innesca reazioni in contrapposizione.
Allora, laviamoci come sempre le mani, se abbiamo la febbre chiamiamo il dottore e auguriamoci che i responsabili della comunicazione non dimentichino la loro gigantesca responsabilità nell’orientare i nostri comportamenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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