Riccardo Zanotti, i suoi Pinguini Tattici Nucleari sono forse la più bella favola del pop negli ultimi anni.
«Diciamo che ci vogliono gavetta, impegno, un po' di talento e anche quella cosa che inizia per c...».
Il nuovo disco si intitola Hello_world.
«È la prima frase che gli studenti di programmazione imparano a far dire a un programma».
Quindi siete molto «nerd».
«Arriviamo dall'epoca di Nintendo, Atari e ora siamo in modalità playstation. In tour ci portiamo un enorme mobile che contiene le playstation e la tv, è il nostro modo di rilassarci».
Siamo arrivati alla IA, intelligenza artificiale.
«Tanti ne hanno paura. Ma se programmi male l'IA, l'errore è dell'uomo, mica dell'IA. Nel nuovo brano Nativi digitali ci immaginiamo le macchine che hanno paura degli uomini, non viceversa».
Riccardo Zanotti ha trent'anni, è la voce, il volto e pure il compositore di questa band che arriva dalla provincia di Bergamo e negli ultimi anni è stata una voce fuori da quel coro di rap e urban che occupa le classifiche. «Visto che siamo in sei, diciamo che siamo un coro fuori dalla voce», sorride lui che è alto e grosso ma ha una caratteristica davvero dirimente: è educato, risponde, ragiona e non pontifica. Davvero controtendenza. Il nuovo disco arriva dopo una strepitosa collezione di dischi di platino e biglietti venduti (oltre un milione) negli ultimi due anni a un pubblico che, e pure questa è una novità, non è verticale ma orizzontale, attraversa tutte le età e quindi, come racconta lui, può capitare anche che «due sessantenni si bacino teneramente sotto il nostro palco in mezzo a tanti ragazzini che cantano in coro». Ed è un disco, questo Hello_world, che vive di immagini e di cori spesso da stadio e mostra orgogliosa la vocazione principale, e spesso trascurata, della musica leggera popolare: divertire e, se capita, far pensare senza scatenare guerre per bande.
In poche parole il contrario del rap, vero Zanotti?
«Se nelle canzoni dici che sei più bello, più intelligente e più ricco del tuo pubblico, beh, quello non è il nostro modo».
Quindi siete bravi ragazzi?
«Non ci vediamo come bravi ragazzi, ma come ragazzi a posto».
I millennials e la Gen Z è sempre più vittima della tecnologia.
«Non c'è una sola tecnologia: c'è quella che allontana e quella che unisce. Noi l'abbiamo usata per fare un disco da concerti, quindi per unire».
Prima data del tour il 7 giugno a Campovolo dove, per dire, sono passati Ligabue, Ac/Dc, Harry Styles...
«Adesso tanti debuttano direttamente nei palazzetti, noi siamo partiti dalle bettole. Dopo anni, il nostro primo vero cachet è stato di 1000 euro. Dedotte le spese, erano 70 euro a testa. Ma a noi già sembrava di aver svoltato, visto che per anni la nostra quota cena agli autogrill era di 3 euro a testa».
Quando ha capito che era cambiato qualcosa?
«Mio padre è muratore, mia mamma maestra. Una sera siamo andati a cena e una ragazza mi ha chiesto una foto. Lì mia mamma ha capito che stava succedendo qualcosa e io ne sono stato molto orgoglioso».
Il pop italiano sta tornando in cima alle classifiche.
«E noi dovremmo imparare a supportarci attraverso i feat proprio come i rapper. Invece il pop è spesso litigioso».
Quest'anno niente Festival.
«Sanremo non è solo portare un pezzo da cantare alla sera. Sono due mesi di lavoro prima e due mesi dopo, noi abbiamo scelto di fare il disco».
La
serie di Sky sugli 883 è uno dei successi dell'anno.«Non abbiamo vissuto quell'epoca ma condividiamo con gli 883 la stessa voglia di spaccare. Se proprio dobbiamo sceglierci degli idoli, gli 883 sono tra quelli».
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