I nemici della modernizzazione, in questo Paese di antiche e collaudate furbizie, si servono degli strumenti più avanzati per rendere alla moda le anticaglie che cercano di spacciare. La battaglia contro l«alta velocità» è una battaglia di retroguardia, è la difesa dellOttocento e del Novecento ammorbati anche dagli sbuffi delle vaporiere, dalle fuliggini e dalle scintille del carbone, dai treni lenti. Adesso, per difendere il vecchiume non si può evocare lombra salvifica del Progresso e allora si ricorre alle sirene dellecologismo, dellambientalismo puro e duro che ne sono il superamento e la sublimazione, nella perfezione del politicamente corretto.
Quel che è successo ieri in Val di Susa è unistruttiva semplificazione delle resistenze che questItalia perennemente in ritardo deve superare per rimanere legata allEuropa e allOccidente che non è concetto esclusivamente geografico e per colmare il divario che cè fra limmagine della cultura e delle tradizioni italiane e la struttura, la materiale articolazione e lefficienza del Paese.
Sappiamo tutti, o almeno dovremmo saperlo, quel che significa lalta velocità che raccordi il nostro Nord Ovest con Lione e ci immetta in un flusso di traffico che saldi la vitalità iberica allEst europeo. In un mondo che ha fretta, con una logica globale che non sattarda nemmeno a contemplare, con gli occhialini della nostalgia e del rimpianto, gli abitanti di una Ruritania fiabesca e pezzente, da consegnare alla commiserazione e allassistenza sociale dei Paesi ricchi. Quelli che viaggiano con la Tav.
Salviamo la montagna, salviamo la cultura del pane di castagne, salviamo lanima e lidentità. Questo gridano i sindaci e gli assessori (parecchi) e i cittadini (pochi) che hanno fermato, con tafferugli e blocchi, i lavori dei tecnici incaricati di sondare la natura dei terreni su cui dovrebbero realizzarsi tunnel e linee speciali. Questa invocazione ha tutta laria di una mistificazione. Se le cose vengono progettate e realizzate con criterio, non cè contrasto fra lalta velocità e il rispetto del territorio. I sindaci che protestano, e i loro predecessori, hanno fatto molti più danni consentendo la cementificazione selvaggia, quella che facilita alluvioni e smottamenti, ormai più puntuali del ritorno delle rondini.
Queste proteste, e i ritardi che riescono a determinare, dimostrano che la nostra è una democrazia monca, nella quale, superati gli scogli e i contenziosi previsti dalle procedure decisionali, ci si deve poi misurare con irritanti e illegali poteri di veto.
Sono tutti pronti a piangere sul celebrato «declino italiano», ma sono lacrime di coccodrillo, dato che ci sono amministratori e amministrati che sono assolutamente contrari ad assumersi le responsabilità derivanti dalle nuove concorrenze e che, però, sono pronti a scioperare se nel loro comune si perde anche un solo posto di lavoro.
Ma non è soltanto un contrasto di idee, di visioni, di prospettive. Contano anche gli interessi. Siamo chiari. Gli ostacoli frapposti, su altri percorsi dellalta velocità, sono venuti meno quando per i Comuni interessati sono state trovate delle compensazioni, per i danni presunti, in opere e servizi aggiuntivi, che hanno svolto una funzione, come dire, di unzione delle ruote. Diversi Comuni hanno venduto caro il loro assenso. Può darsi che anche in Val di Susa si aprano trattative e prospettive. Il progresso è concetto flessibile, anche lambientalismo ha una sua elasticità.
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