Difficoltà, superlavoro, stress, disorientamento, solitudini, forti e distorti modelli di vita da parte dei media: sono mille i motivi che rendono oggi l'azione educativa particolarmente pesante. Molti genitori sono tentati di «gettare la spugna».
Mario Chiarapini, religioso dei Fratelli delle Scuole Cristiane, professore di Lettere, musicista e attualmente dirigente scolastico dell'istituto lasalliano a Parma, chiede di non farlo. E lo fa scrivendo un libro, pubblicato dalle edizioni Paoline dal titolo «Non date le dimissioni». Un errore che troppo spesso si fa, dettato dalla pressione che il ruolo di genitore comporta. Ma rinunciare alle responsabilità, ai doveri, all'impegno di crescere i propri figli vuol dire non solo tradire loro, ma se stessi.
Il libro, indirizzato principalmente alle mamme e ai papà, è scritto allo scopo di offrir loro uno spazio per riflettere sull'identità di primi educatori dei figli e dare loro, al tempo stesso, l'opportunità di riscoprire anche gli aspetti belli ed entusiasmanti dell'azione educativa. L'autore propone così 40 brevi capitoletti su argomenti che lui stesso ha affrontato in molte scuole, con soddisfacente riscontro da parte di genitori, dirigenti e coordinatori scolastici: la libertà, la responsabilità, il rispetto, il sorriso, la trasmissione della positività, l'uso del tempo, la fiducia, il dialogo, le regole, la correzione, i capricci, i regali, il sacrificio, Dio, lo stupore...
Non mancano alcune considerazioni sul pasto in famiglia, sul bullismo a scuola e sulle nuove tecnologie. Un saggio ricco di spunti di riflessione e suggerimenti che possono accompagnare giorno per giorno educatori e genitori, scritto con uno stile vivace e qualche volta anche provocatorio. L'obiettivo è quello di incoraggiare genitori e educatori che, come artisti, sono chiamati a dar forma alla vita dei giovanissimi loro affidati con amore e responsabilità.
La proposta incrocia gli Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il decennio 2010-2020: Educare alla vita buona del Vangelo. Rinunciare al ruolo di genitori, invece, vuol dire inaridirsi, perdere i valori e il senso dell'esistenza, vivere senza aver mai vissuto.
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