Non ci sono solo elefanti, rinoceronti e gorilla di montagna. Nella lista nera degli animali che in Africa rischiano l'estinzione c'è anche una razza di cavalli. Si tratta di una specie selvaggia autoctona del Paese, i cavalli del Namib, la cui popolazione sta rapidamente diminuendo a causa della siccità. Per questo la Namibia wild horses foundation ha lanciato l'allarme: «Questi animali continuano a lottare per la loro sopravvivenza nelle pianure del Garub e nel parco di Naukluft, vicino ad Aus, nell'Ovest del Paese. Ma la situazione è sempre più difficile», spiegano i responsabili dell'ente di salvaguardia.
La colpa di questa strage silenziosa è del clima torrido, che in questa zona del continente non concede tregua. «Dal 2014, non si sono registrati più di 5 millimetri di pioggia nelle pianure del Garub, una quantità di acqua insufficiente per far crescere nuova vegetazione o permettere la sopravvivenza di un qualunque tipo di erba perenne prosegue Inke Stoldt, portavoce della Fondazione -. Lo stato dei cavalli rimasti è cambiato di continuo negli ultimi 23 mesi in base alla qualità e al sapore del cibo fornito. Circa un quarto degli animali attualmente vive in condizioni molto difficili, la metà si trova in uno stato mediocre. Questo significa che molti esemplari sono destinati a non sopravvivere». Eppure la loro presenza è importante, e non solo per la biodiversità. Questi cavalli, selvaggi e liberi, sono diventati una delle attrazioni turistiche più amate del Paese. Insieme con elefanti, rinoceronti, antilopi e giraffe, ogni anno attirano migliaia di visitatori appassionati della natura incontaminata. Ecco perché la loro estinzione rappresenterebbe un danno enorme, anche dal punto di vista economico. Ma questo finora non è bastato per metterli al riparo. Al punto che, secondo gli ultimi rilevamenti, attualmente in tutta la Namibia ci sono solo 40 giumente e 70 stalloni. Che lottano per sopravvivere in uno dei deserti più inospitali del pianeta.
Sull'origine di questi cavalli si sono moltiplicate le teorie. Una delle più accreditate ritiene che gli animali siano arrivati in questo lembo di Africa fra il 1915 e il 1925 quando, durante la prima Guerra mondiale, le truppe dell'Unione Sudafricana del Sudafrica si stabilirono nella zona del Garub, che fino ad allora aveva fatto parte parte della colonia tedesca dell'Africa del Sud-Ovest. Alcuni documenti risalenti a quell'epoca parlano infatti dell'arrivo di circa 10mila soldati e 6mila cavalli, accampati in uno spiazzo polveroso ai margini del deserto del Namib. E sopravvissuti bevendo da un pozzo utilizzato per costituire le locomotive vicino alla ferrovia e per fornire acqua alla città di Lüderitz. A quanto pare, molti cavalli sono riusciti a fuggire in seguito ai bombardamenti degli aerei tedeschi. E così hanno imparato a vivere nel deserto, ad abbeverarsi nelle sorgenti naturali, evolvendosi fino a diventare quelli che oggi sono conosciuti come i cavalli selvaggi del Namib.
Finora la loro sopravvivenza era stata assicurata nella zona protetta diamantifera di Sperrgebiet, dove fin dal 1908 l'amministrazione coloniale tedesca aveva istituito un'area interdetta e strettamente controllata, che si estendeva per circa cento chilometri nell'entroterra. A partire dal 1986 questa zona è stata incorporata nel Namib Naukluft Park. Per più di un secolo gli animali sono stati in grado di vivere in un isolamento quasi completo, attraverso stagioni di siccità e abbondanza, diventando una razza a parte, i «Namibs», grazie a decenni di selezione naturale.
Ora gli stessi uomini che li hanno portati in Namibia con la guerra e il colonialismo, e che per tanto tempo hanno permesso loro di crescere e prosperare, rischiano di farli scomparire per sempre. A causa di una nuova guerra, questa volta dichiarata alla natura.
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