L'AI di Meta ruba libri. È giusto o è sbagliato?

Per addestrare la sua intelligenza artificiale, Llama 3, l'azienda di Zuckerberg ha utilizzato un archivio di un milione di libri sotto copyright

Unsplash
Unsplash
00:00 00:00

Una settimana fa riflettevo su come il vecchio copyleft della sinistra fosse diventato la nuova richiesta delle Big Tech dell’AI (qui l'articolo).

Ora, in seguito a una causa negli Stati Uniti intentata contro Meta, viene fuori che per addestrare la sua intelligenza artificiale, Llama 3, è stato utilizzato un archivio di un milione di libri sotto copyright (il materiale è stato preso da Book3). Meta si appella al “fair use”, già utilizzato dagli artisti per produrre opere da opere protette da copyright, ma è un po’ un’arrampicata sugli specchi della concorrenza digitale (le altre aziende, senza contare la Cina).

Mi viene in mente una discussione che facevo l’altra sera con i miei amici Gigi Ballarani e Klara Murnau, soprattutto con la seconda, convinta che viaggiare significhi conoscere, per cui anche parlando di geopolitica ti dice «ho conosciuto un signore un Serbia che...», un po’ come quelli che citano il nonno partigiano. A un certo punto la discussione è finita sulla NATO, e ho raccontato di Carlo Sforza, grande politico liberale che riuscì a portare l’Italia dentro la NATO (quando, secondo la narrazione antiamericana e comunista, si ritiene che ci sia stata “imposta” a fine guerra dagli americani), e su cui detti tre annualità di storia contemporanea all’Università.

Che c’entra questo con l’AI? C’entra perché nel frattempo Ballarani chiedeva a ChatGPT, ma ChatGPT di Carlo Sforza sapeva più o meno quello che si trova nelle discussioni in rete o su Wikipedia. Niente di tutte le migliaia di pagine di saggi e studi che sono in testi sotto copyright. Da qui la ragione che porta chi sviluppa l’AI a voler violare le norme del copyright.

Tuttavia, tornando al furto di libri, che per l’AI sono solo “dati”, bisogna prendere atto che è venuto fuori da una causa contro Meta. Se non ci fosse stata non l’avremmo saputo, mentre tanto OpenAI quanto Google stanno chiedendo a Trump di togliere i paletti imposti dal copyright. A questo punto credo che stiano chiedendo solo un permesso ufficiale, ufficiosamente lo fanno già. Anche perché si torna sempre allo stesso discorso: OpenAI (come tutte le altre società) controlla ChatGPT, ma chi controlla OpenAI? Chi controlla il controllore? Per questo credo che non ci si possa fare niente. Fosse solo una questione americana forse sì, ma nel momento in cui c’è in ballo una guerra digitale con la Cina sull’AI il problema del copyright, in un modo o nell’altro, verrà aggirato, la posta in gioco è troppo alta. Cosa ne penso? Non lo so, so solo che sarà inevitabile.

D’altra parte, negli anni Sessanta, anche durante la competizione spaziale tra USA e URSS per chi arrivava prima sulla Luna, il capo tecnico delle missioni Apollo era Wernher von

Braun, geniale ingegnere tedesco che aveva una sola piccola macchia: era lo stesso che aveva progettato i V2 per i nazisti, lanciati contro Londra. Ma era meglio dimenticarsene.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica