Berlusconi cerca voti per mandare avanti il governo (sforzo benedetto, tra l’altro, dal presidente Napolitano) e, secondo Repubblica e, al seguito, la sinistra, siamo al mercato delle vacche, la maggioranza è finita, il governo è a pezzi, ci vuole un governo ispirato di unità nazionale costituito da quelli che sono stati trombati alle elezioni e hanno tanta voglia di lavorare per il bene del Paese (a partire dal bene loro).
Balle. Non è così, e anche per varie ragioni. Vediamole.
Prima. L’ha spiegata Berlusconi stesso in questi giorni. Per raggiungere la maggioranza di 316 voti e fare a meno voti dei finiani saranno sufficienti i voti di eletti con il Pdl, come quelli di Noi Sud o del Mpa. Se poi ci saranno altri voti saranno di parlamentari che lo sceglieranno in modo libero e responsabile di volta in volta a seconda dei singoli provvedimenti. È già successo che vari parlamentari, e alcuni neanche eletti con il Pdl ma, ad esempio, con l’Udc di Casini, abbiano votato provvedimenti portati nelle aule parlamentari dal governo presieduto dal Cavaliere. Succede da quando in Italia c’è il parlamento democratico. È chiaro che questo richiede di dialogare con tutti ma si chiama attività parlamentare e con le vacche ha poco a che fare. Semmai, se proprio vogliamo rimanere nella metafora animale, e considerato il livello di alcuni rappresentati del popolo, ha più a che fare con gli asini.
Seconda. «Ciò che non capisco è perché, se a costituire tale maggioranza, e ad evitare nuove elezioni, fossero forze politiche diverse da quelle al governo, saremmo, per la Repubblica, in piena legittimità politica e costituzionale; se è Berlusconi, con Nucara e altri, siamo al mercato delle vacche». Lo ha scritto ieri sul Corriere una delle sue firme più autorevoli e autenticamente liberali, Piero Ostellino. Se non fossimo all’interno di un dibattito intriso di demagogia ed ideologia antiberlusconiana quanto scritto da Ostellino sarebbe una notazione di buon senso. In questa situazione è la voce di uno che grida nel deserto. Tra l’altro un diverso governo non sarebbe neanche votato dagli italiani, ma su questo particolare sorvolano quelli che parlano delle vacche.
Terza. Basterebbe guardare a cosa ha fatto e sta ancora facendo in questi giorni il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in occasione della riforma sanitaria e della finanza. Cerca voti tra i repubblicani, sette o otto voti che gli servano per portare avanti le sue riforme ed evitare che qualcuno dei suoi affossi tutto. In altri termini i propri finiani ce li hanno tutti, anche in America. E per chi non si ricordasse questo cercare voti nella minoranza, negli Usa, è una tradizione da sempre. Lo hanno fatto tutti i presidenti di fronte al Congresso. Là è segno di una democrazia sviluppata, da noi mercato delle vacche.
Quarta. Da che pulpito. Ricordate il servizio di ambulanze e lettighe che mise in piedi l’ultimo governo Prodi per ricorrere al voto dei senatori a vita? Li portavano in aula anche con il tremito della febbre alta. Ricordate le estenuanti trattative per farsi votare dalla sinistra estrema? E quelle con i parlamentari eletti all’estero?
E il cambio di quattro presidenti del Consiglio nella legislatura 1996-2001 del centrosinistra? Allora tutto bene. Era per il bene dell’Italia e della democrazia, ora no, sarebbe un male.
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