Ma tanto a lui che cosa importa, Bowie mica deve dimostrare di essere Bowie: fa quel che ha voglia di fare. Stavolta è gotico visionario. I più chic direbbero che è destrutturato. Molti lo ameranno. Qualcuno sprecherà tempo a dare significati inesistenti ai testi e altri scapperanno confusi dall'eccesso di informazioni nell'epoca del messaggio monotematico. Si capisce già dal singolo Blackstar (con relativo video) che il disco omonimo in arrivo l'8 gennaio (giorno nel quale lui compirà 69 anni) sarà la solita nebulosa nella quale perdersi senza bussola. Un asteroide in un cielo rock con sempre meno stelle.
Dopotutto David Jones in arte Bowie non è più soltanto un musicista ma è ormai un brand che in quasi mezzo secolo ha lanciato più tendenze di qualsiasi altro in circolazione. Elencarle è inutile, lo fanno tutti. Prevederle è impossibile, le sa soltanto lui. Ma qualcosa anticipa il il suo storico produttore Tony Visconti che al magazine Mojo ha detto la frase che fa luce sulla nuova rotta di Bowie: ha voluto musicisti jazz per suonare il rock. «Avere ragazzi jazz che suonano rock significa capovolgere tutto». Gli schemi. Le aspettative. Tanto a Bowie che cosa importa, fa quel che gli piace e quel che gli piace oggi si capisce dal video di Blackstar, un cortometraggio di dieci minuti girato da Johan Renck perché sarà la sigla della serie tv The black panther che lui dirige. «Il nostro approccio alla musica è rinfrescante», ha spiegato Visconti ma è come se lo avesse detto Bowie. Insomma, forse rinfrescante solo in senso metaforico, visto che Blackstar è angosciante, frenetico e acido, con un Bowie bendato che appare e scompare tra paesaggi extraterrestri, teschi tempestati di chissà cosa, città in rovina, candele accese. Qualcuno ha visto nello scheletro dell'astronauta che fluttua senza gravità un richiamo al maggiore Tom, protagonista di Space Oddity del 1969. E nel rito officiato ci sarebbero chissà quali apologie pagane.
In realtà è più probabile che Bowie si diverta - lui che non è mai stato messaggero di nulla se non del proprio talento - a stuzzicare e provocare, magari per poi ridere delle più fantasiose interpretazioni.
Nella musica, invece, c'è molta poca divagazione e il ritmo della batteria, un raffinatissimo tempo jazz, è la colonna vertebrale di un brano difficile, quasi ostile. E la sua linea melodica è soffusa, quasi figlia dei Carmina Burana. E, mentre il corpo dell'astronauta fluttua nel vuoto fino all'orbita della stella nera, ossia del nuovo Sole, la pelle di Bowie bendato trema al suono di una tromba cupa come l'inferno. Senza la benda ha gli occhi cerchiati dal kajal, i segni dell'età belli stampati sul volto, e ripete ossessivamente che è non è una pop star né una star del cinema o dello sport ma «una stella nera», esibendo un vecchio volume che potrebbe essere il breviario del suo nuovo rock.
Già, e come sarà?
Il suo collaboratore Donny McCaslin ha raccontato a Uncut che l'ispirazione arriva anche dagli scozzesi elettronici Boards of Canada o dagli hiphoppers californiani Death Grips, ma sono riferimenti tanto per rendere l'idea. Difficilmente Bowie, che ha fatto dell'assenza il miglior modo per essere sempre presente, può essere catalogato e, tantomeno, il singolo Blackstar si avvicina a questi due gruppi se non per tenuissime affinità.
In fondo, non si diventa un punto di riferimento se si prende ispirazione da altri, e Bowie lo sa bene.
Perciò l'uscita del disco detterà l'agenda del nuovo anno musicale. E, anche se non dominerà le classifiche, confermerà che pur rimanendo fuori dagli schemi si può restare dentro la scena. A modo proprio. E soprattutto senza seguire le regole dettate da altri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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