Ora è ufficiale, siamo autorizzati a dire «googling»

Molti inglesismi e anche vocaboli arabi sono inclusi tra le nuove voci del dizionario «Zingarelli»

In occasione della settima edizione della «Settimana della Lingua Italiana nel Mondo» dedicata al tema del mare - oltre 1300 eventi fino a domenica - la Zanichelli ha varato lo strumento ideale - solido bastimento o scialuppa di salvataggio - per prendere il largo. È l’ultimissima versione dello «Zingarelli», il vocabolario della lingua italiana (2688 pagine, euro 71,80) che risuona polifonico, poliglotta e globalizzato. Aperto ad accogliere voci provenienti da tutto il mondo. Chiunque lo possieda, potrà vantare la piena padronanza del proprio idioma esibendo la carta di un viaggio all inclusive («il pacchetto completo in voga tra i tour operator», spiega la definizione del lemma), l’immagine curata da uno spin doctor (lo stilista personale «addetto ai politici e ai personaggi pubblici»), la disponibilità a operare da lontano come e-worker («il telelavoratore») e, alla peggio, la libertà di farsi accompagnare da un escort (che non è un’automobile Ford, bensì «persona retribuita per fornire compagnia e prestazioni sessuali»).
Ma a parte i prevedibili inglesismi, il gergo del computer (quello che, googling, si incontra quotidianamente in un mondo sommerso da i-pod, podcasting, e streaming), i codici della mafia (siglati autorevolmente nei pizzini di zi’ Binu, alias Bernardo Provenzano) e gli slang giovanili, calcistici, televisivi (che raccontano di gufate, craniate - «mondiale» quella a Materazzi di Zidane -, penniche e slinguazzate) i barbarismi provengono tutti dall’altro mondo e da un’altra civiltà. Quella araba, orientale, islamica. Che se si è insinuata fin nella nostra lingua, lo ha fatto per lo più innocuamente: fra i denti e per mangiare.
Ecco serviti allora, direttamente dal menu dei ristoranti etnici, hummus («Crema di ceci con aglio, succo di limone, olio d’oliva, semi di sesamo e altre spezie, specialità araba»), halal («cibo preparato secondo le modalità prescritte della legge islamica») e fattush («Insalata di pomodori, cetrioli, cipolle e lattuga, tagliati e mescolati a dadini di pane arabo, tipica della cucina mediorientale»).
L’italiano nel mondo va per mare. Nel senso della lingua. Certo poi si dice diffusamente anche dei viaggi e delle guerre, delle imprese e dei commerci, delle esplorazioni e delle emigrazioni di chi la parlava e la parla, nel corso della «Settimana della Lingua Italiana nel Mondo», manifestazione che, voluta dalla direzione generale della Farnesina, realizzata in collaborazione con l’Accademia della Crusca, il ministero per i Beni Culturali, la Società Dante Alighieri, Rai International, Rai Educational, e uno stuolo di ambasciate, consolati, istituti italiani all’estero, è il più importante appuntamento internazionale di promozione di una lingua amata, d’amare e da mare.
Emblematico che il tema portante e il motivo trascinante per il 2007 sia l’elemento azzurro, liquido e immenso su cui poggia lo Stivale. Su cui per tre quarti si affaccia la Penisola sporgendosi sull’Orbe terracqueo.

E simpatico che, rivolgendo agli studenti d’italiano all’estero l’invito a partecipare al concorso letterario pensato per loro, lo scrittore Carlo Lucarelli abbia esposto con Il bambino del faro, raccontino originale composto per l’occasione, un punto di riferimento narrativo e un polo di orientamento significativo. A smentita di chi dice poi, malignamente, che oltre confine l’italiano interessa tutt’al più ai cultori di moda, mobilia, mangerecce delizie e melodrammi.

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