Un romanzo giallo, in realtà bianchissimo a causa degli orsi polari e delle volpi artiche che ne sono i protagonisti molto migliori degli umani, e tinteggiato anche delle mille sfumature di verde dell'aurora boreale: ecco quello che propone Manuela Repetti con Sotto la neve (Edizioni Epoké, pagine 190, 18). Uso un aggettivo: emozionante. Lo ripropongo a mia volta con questo sentimento ai lettori, dopo essermi immerso in una storia che mi ha rapito trasferendomi in una cittadina sperduta della provincia di Manitoba (grande due volte l'Italia) di nome Lastville, sulla baia di Hudson. Cànada, insomma, come si usa dire adesso, con l'accento sulla terzultima a.
Due premesse. La prima è sull'autrice. Manuela Repetti è famosa per aver costituito con Sandro Bondi (ministro della Cultura) una coppia di poetici piccioncini, in realtà assai battaglieri, in Forza Italia. Poi nel 2018 l'addio alla politica e il consolidarsi della loro unione a Novi Ligure. Per Sandro un uomo buono la pensione tra gli amati libri. Lei imprenditrice e scrittrice. Sul perché e il per come di questa evoluzione, rimando alla bella intervista con Manuela di Valeria Braghieri, che ritrovate su internet (Il Giornale, 31 marzo 2024).
Il secondo preambolo riguarda me, e chissà quanti altri, ed è utile a spiegare l'incantamento. Il Canadà appartiene ai sogni della giovinezza, almeno della giovinezza di chi è attempato come il sottoscritto. Canadà rigorosamente con l'accento sulla a, naturalmente. Foreste e laghi, piccole comunità di gente semplice, l'idea di un altro mondo possibile, un posto dove poter stare in una pace sconfinata (il Canada è il secondo Paese del mondo per estensione dopo la Russia). Una primavera con brezze leggere e fiorite e un inverno dove il candore della neve rende immacolate le menti e allegri gli occhi. Il trionfo di quell'immagine lo regalò alla mia generazione la canzone di Gino Latilla e poi del Quartetto Cetra La casetta in Canadà con «vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà, e tutte le ragazze che passavano di là dicevano: Che bella la casetta in Canadà!». Ambientare la vicenda in quel Paese significa andare lontano chilometricamente, ma, per la ragione appena detta, è come entrare in una stanza accanto alla nostra, di cui però avevamo perso la chiave.
La protagonista è una italiana, Linda, trasferitasi nel Manitoba (regione che ha dato il nome alle farine più resistenti, la cui etimologia viene da Manitù, lo spirito universale adorato dagli indiani d'America) con il marito Carlo. Il quale, biologo, aveva vinto un concorso a Lastville per studiare gli orsi polari, onde evitarne l'estinzione. Lastville è un nome di fantasia che corrisponde a Churchill, una cittadina di mille abitanti, attraversata dal fiume dall'omonimo nome che lì sfocia nel mare. Questo villaggio è capitale mondiale del quadrupede bianco, che ne popola la tundra e le colline circostanti, e che d'inverno percorre a caccia di foche le banchine gelate sulla baia di Hudson.
L'arrivo di Carlo e Linda a Lastville era accaduto dieci anni prima dell'inizio del giallo. Carlo l'ha lasciata vedova da otto anni. Lei è rimasta nella casetta. Non è un villaggio del nostro sud, lassù la gente è chiusa, gentile ma gelata, buongiorno e buonasera, poi ciascuno a casa sua, oppure impegnati con comitive di turisti che si fanno guidare in escursioni su appositi piccoli autobus blindati per vedere gli orsi polari da vicino senza scombinarne le abitudini.
Linda dà una mano al centro di ricerche sugli orsi: sono lì le pochissime discrete amicizie che tessono la sua vita fatta di molta solitudine, e consolata dall'immersione in una natura che non si finisce mai scoprire. Un tran-tran di piccola quotidianità, insomma. Ma così fan tutti. La città più vicina, del resto, è a quattro ore di volo oppure a 40 ore di treno, ed è Winnipeg, dove, appena si fanno grandi, vanno i ragazzi a studiare. Torneranno? Molti, mai più.
Finché l'ultimo giorno d'estate, mentre si prepara in cielo un ritrovo di nubi promettenti una tempesta di neve, due sorelline decidono di raccogliere fiori vagando in bicicletta. Una torna, l'altra, quindici anni, Desiré, si attarda, vuole cercare margherite più in là. Ha una bici viola, il manubrio lucente. Passano le ore, chi l'ha vista? Ricerche affannose.
Squadre di volontari in fuoristrada, si uniscono ai genitori e alla polizia. Quasi subito, una coltre bianca vela, copre, sommerge sentieri, prati, tutto. Niente da fare. Che ne sarà di Desiré? Si perdono le speranze di trovarla viva. La popolazione si divide. Alcuni danno la colpa è comodo agli orsi. Sorge un interrogativo: che sia stata vittima di un pedofilo predatore? Da Winnipeg giunge un investigatore. I sospetti si appuntano su un giovane considerato strano, Ethan, più solitario persino dei compaesani. Pare che la ragazza avesse appoggiato il velocipede al muretto della bicocca di Ethan, impossibile che lui non ne sapesse nulla. Basta un indizio. Ormai la gente è sicura: è lui il colpevole.
Apprendiamo così che assistere agli spettacoli della natura, che incendiano il cielo o che irrorano di candore il mondo, non fa diventare uomini e donne più buoni. I pregiudizi e le cattiverie sono identici. Una si esercita anche contro gli orsi bianchi, che pure sono la fonte di sostentamento turistico e scientifico di Lastville. Esiste infatti la prigione degli orsi. Chi tra loro si avvicina troppo alla cittadina è ritenuto pericoloso, va punito e per così dire rieducato. Viene narcotizzato e tradotto in una cella. Per trenta giorni è lasciato senza cibo, così da imparare la lezione e magari trasmetterla agli altri della stessa razza.
Una crudeltà contro cui Linda-Manuela protesta, e io con lei, dato che questa pratica non è un'invenzione romanzesca ma un'infamia documentata. La protagonista non si rassegna, e trova una meravigliosa alleata: una volpe artica, che la capisce, anzi si capiscono. E Desiré? Leggete il libro.
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