Stavolta l'Oscar non ci voleva proprio. Il sindaco di Taiji, Kazutaka Sangen, e l'intera città di pescatori composta da 3.500 anime, rimandano al mittente l'atto d'accusa di Louie Psihoyos e Fisher Stevens, gli autori di «The Cove», il film-documentario fresco di premio. C'è poca voglia di commentare un riconoscimento che inevitabilmente rimetterà, ancora una volta, l'intera comunità sotto i riflettori. Nessuno alla «Taiji machi gyiogyo kumiai» (cooperativa locale di pescatori) è disposto a esprimere giudizi. Solo Miyahito Sugimori, un consigliere, si limita a osservare che «questa vittoria potrebbe essere usata dal movimento» a difesa delle balene. «Dare la caccia ai delfini non è un atto illegale», scrive invece il primo cittadino in una breve nota a proposito della mattanza, raccontata nel documentario con immagini dure, che ogni anno, da oltre quattro secoli, si ripete nella baia di Taiji (prefettura di Wakayama), a 500 chilometri a sud di Tokyo. «La caccia è autorizzata dalla prefettura nel rispetto della legge sulla pesca. Ci dispiace che il film rappresenti cose false e scientificamente infondate come fossero vere», continua Sangen, confutando la tesi degli autori secondo cui il consumo di carne di delfino è dannosa per l'uomo per l'alto tasso di mercurio.
Nel corso della presentazione in Giappone, in occasione del Tokyo International Film Festival (Tiff) dello scorso autunno, Psihoyos aveva descritto «The Cove» come «una lettera d'amore» ai giapponesi perchè potessero conoscere gli effetti dannosi legati al consumo di carne di delfino che può avere da cinque a 5.000 volte il mercurio oltre i livelli consentiti dalla legge giapponese. «La tragica ironia - aveva detto - è che l'unico modo per salvare il delfino è dimostrare che abbiamo fatto l'ambiente così tossico da non poterne più mangiare la carne».
Il film, realizzato nel 2008, era comunque una provocazione, secondo l'ex fotografo del National Geographic ed ex trainer della fortunata serie tv sul delfino Flipper. «È molto difficile parlare di diritti degli animali perché di loro si abusa in ogni cultura: dalle esigenze alimentari, al divertimento, all'abbigliamento. È un diritto umano, invece, mangiare cibi sani». Non ci sono scopi contro il popolo giapponese: «per me è una lettera d'amore. Io vi sto dando informazioni che il governo non vi darà». «Esistono varie usanze sul cibo in tutto il mondo e anche in Giappone: la cultura alimentare, basata sulla lunga tradizione e storia, è una situazione importante da rispettare», è invece la conclusione della nota il sindaco di Taiji.
Non è un caso, rileva il quotidiano Mainichi, che la città di Taiji abbia già fissato a quota 2.845 delfini «gondo», la specie più grande, il target della mattanza 2010.
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