"Hanno dato a mio figlio azoto e non ossigeno". Ma nessuno ha pagato

Dopo la nascita al piccolo Andrea fu somministrato per errore azoto al posto dell'ossigeno. Nove anni dopo il bimbo non parla né cammina per i danni irreversibili che ha subìto. Un giorno prima della prescrizione sono arrivate due assoluzioni e una condanna

"Hanno dato a mio figlio azoto e non ossigeno". Ma nessuno ha pagato

Un errore fatale di cui nessuno sta pagando le conseguenze e mai nessuno le pagherà se non la famiglia di Andrea. Riavvolgiamo il nastro per spiegare cosa è successo: Palermo, 28 ottobre 2010. Al Policlinico di Palermo attraverso un parto cesareo nasce Andrea. Il bimbo all'apparenza sta bene ma è solamente un po' asfittico, ragion per cui i medici decidono di dargli ossigeno. Nel tubo utilizzato per ossigenarlo, nessuno si accorge che non c'è ossigeno ma protossido di azoto, un gas anestetizzante che nulla ha a che fare con l'ossigeno. Andrea respira quel gas letale per 68 lunghissimi minuti. Nessuno si accorge di nulla: né i medici di turno, né gli infermieri, né l'equipe medica che ha fatto nascere il piccolo Andrea, né tantomeno la stessa famiglia ignara di tutto. Andrea respira quel gas che intanto sta provocando danni irreparabili al suo cervello. Oggi, a nove anni, Andrea non cammina, non parla e non mangia da solo. Necessita continuamente di assistenza sette giorni su sette, 24 ore su 24. Tutta la sua vita sarà così. Eppure nessuno pagherà per quell'errore gravissimo. Dopo la condanna in primo grado e una parziale assoluzione in appello, infatti, tutti i reati sono andati prescritti: "Nessuno finirà agli arresti per quello sbaglio - racconta amareggiata al Fatto Quotidiano la madre Cecilia Fecarotta - questa non è giustizia".

"La Procura di Palermo aveva aperto un'inchiesta e a processo erano finiti, con l'accusa di lesioni colpose gravissime, il titolare della ditta Sicilcyro di Marineo, Francesco Inguì, che nel 2010 aveva eseguito i lavori sull'impianto di gas medicali del reparto maternità del Policlinico, il direttore dei lavori Aldo La Rosa e l' ex direttore del dipartimento materni infantile dell' ospedale Enrico De Grazia. In primo grado il Tribunale di Palermo aveva condannato tutti e tre gli imputati: tre anni ciascuno a chi si doveva occupare dei lavori e un anno e sei mesi al dottor De Grazia. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice scrisse che non fu eseguita alcuna prova di gas specificità, né le opere vennero collaudate ma nonostante questo le prese erano state dotate di flussometri e attacchi che rendevano immediatamente fruibile l'impianto di gas medicale".

Ad aprile scorso in appello è stata ribaltata la sentenza con cui il giudice monocratico di Palermo aveva condannato, per lesioni colpose gravissime, il direttore del dipartimento materno-infantile del Policlinico, Enrico De Grazia, il geometra e tecnico del Policlinico Aldo La Rosa, e l'imprenditore Francesco Inguì, titolare della Sicilcryo srl di Marineo. Oggi né la famiglia come parte civile, a cui pure sono andati 1 milione e 200mila euro di provvisionale, né la Procura di Palermo possono fare ricorso in Cassazione: dopo nove anni dall'accaduto, è tutto prescritto.

"Nessuno finirà agli arresti per quello sbaglio", aveva detto in lacrime la mamma Cecilia che fino all'ultimo aveva sperato nel ricorso in Cassazione. Un ricorso che non potrà esserci perché la prescrizione ha bloccato tutto. E adesso, oltre il danno la beffa: la famiglia dovrà anche restituire una parte dei soldi concessi come risarcimento.

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