Palermo, arrestato per estorsione il cassiere della mafia

In manette per il reato di estorsione aggravato da metodo mafioso è finito Salvatore Milano, il cassiere del clan di Porta Nuova. Chiedeva la “messa a posto” ai negozi in centro. Ai titolari di un'attività era riuscito negli anni ad estorcere 250 mila euro per lasciarli tranquilli

Palermo, arrestato per estorsione il cassiere della mafia

La guardia di finanza di Palermo, nell'ambito di indagini coordinate dalla Dda di Palermo, ha eseguito l'ordinanza del Tribunale del Riesame con la quale si dispone la misura della custodia cautelare in carcere a carico di Salvatore Milano detto "Totuccio", per estorsione aggravata da metodo mafioso. Milano era lo storico cassiere della mafia, uomo d'onore appartenente alla famiglia mafiosa di Palermo Centro. Era lui a provvedere al sostentamento degli esponenti mafiosi detenuti o da poco scarcerati attraverso la richiesta di pizzo ai commercianti.

Milano era stato arrestato già nel 2008 e condannato in via definitiva dalla Corte d'Appello di Palermo per associazione mafiosa in seguito all'operazione "Perseo", durante la quale era stato scoperto il primo tentativo di ricostruire la commissione provinciale di Palermo di Cosa Nostra. Intento in cui era invece riuscito suo nipote, Leandro Greco, sottoposto a fermo con l'operazione "Cupola 2.0", proprio in ragione della sua partecipazione alla commissione.

Tra il 2016 e il 2017 i finanzieri avrebbero accertato il ruolo attivo di Milano "in merito a una richiesta estorsiva commessa nei confronti di una nota attività commerciale del centro storico cittadino. Nell'ambito del medesimo procedimento, a maggio del 2018, erano già stati arrestati per altre vicende estorsive Luigi Salerno e Giuseppe Bosco". La richiesta estorsiva prevedeva il pagamento di somme di denaro comprese tra i 500 e mille euro a titolo di "messa a posto. Ovvero della "necessaria forma - scrive la Gdf - per ottenere l'autorizzazione ad esercitare il commercio nel territorio del mandamento di Porta Nuova ed evitare la commissione di danneggiamenti o altri atti ritorsivi ai loro danni". Durante le conversazioni intercettate, gli estorti spiegavano come tali consegne avevano consentito loro di evitare "soverchierie" come avvenuto in passato, facendo così riferimento all'attack nelle saracinesche o incendi nel negozio. Gli imprenditori avevano instaurato un rapporto di timore e sommessa tolleranza con il mafioso, arrivando a considerare la richiesta estorsiva come un normale inconveniente della loro attività. Le riscossioni del pizzo presso il negozio delle vittime, erano tenute sotto osservazione dagli investigatori delle Fiamme gialle, e quando cominciarono le difficoltà economiche degli imprenditori che "... però erano vestiti bene...", Totuccio Milano non mostrava comprensione: "Ci sputo in faccia a sti due fanghi... i capretti quello li mandò?", diceva al suo interlocutore non sapendo di essere intercettato.

Le dazioni di denaro erano annotate dagli imprenditori in una agenda, ritrovata dai finanzieri nel corso di mirate perquisizioni.

Dall'esame degli appunti è emerso come per circa vent'anni avrebbero effettuato dei pagamenti periodici, per l'importo complessivo di 250mila euro, a tale Totuccio, che secondo i finanzieri era proprio Milano.

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