Nella sua ormai lunga vita, quanti digiuni ha fatto Giacinto Pannella detto Marco? Nessuno può dirlo con precisione: ogni tanto accendi Radio Radicale e scopri che Lui ha deciso di non mangiare e/o di non bere più. Può essere per il plenum della Corte costituzionale o per salvare la ghirba a Saddam, ma il metodo è lo stesso. E da quel momento è tutto un susseguirsi di bollettini medici sempre più allarmati, di appelli drammatici, di comparsate televisive in cui il vecchio guru radicale pronuncia con fatica la sua sentenza sul caso in questione. Poi, però, alla lunga, anche il nostro Marco si conferma un radicale poco transnazionale e molto italiano, e finisce, è il caso di dirlo, a tarallucci e vino. Perché a un certo punto, come tutti sanno, i digiuni finiscono anche se l'obiettivo non è stato raggiunto. Ma non fa nulla, perché, intanto, come accade sempre nella strategia radicale «il problema è stato posto», un'altra «battaglia civile» è stata lanciata.
La cosa strana, in questo balletto ormai logoro, in questo copione già visto decine di volte e sempre uguale a se stesso, è che Marco Pannella suscita nel panorama italiano due reazioni opposte. Da una parte, l'uomo della strada che ha imparato a prendere questi digiuni per quello che sono: una sceneggiata ipocalorica che esibisce tanti lipidi, carboidrati e proteine quanta serietà. Dall'altra, il circuito degli intellettuali, dei troppi direttori di giornale e dei politici: per costoro Pannella va preso tremendamente sul serio, o così almeno sembra. Dalle più alte cariche istituzionali all'ultimo usciere di una segreteria di partito, è un rincorrersi di telefonate e di telegrammi per andare, almeno con il cuore, al capezzale del «Grande Ammalato Volontario».
C'è l'onorevole che sta dalla sua parte e che, tutte le sante volte, ne approfitta per ricordare che «Ah, signora mia, se non ci fosse stato Pannella con le sue battaglie civili, l'Italia sarebbe ancora ferma al medioevo». Poi c'è il saggio senatore, che concorda con i contenuti e non con il metodo, il quale però si affretta a dire che «Pannella ci vuole e se non ci fosse bisognerebbe inventarlo». E ci sono persino colleghi che non sono d'accordo con il Marco, ma che riconoscono comunque che lui è «un personaggio di indiscusso valore morale, un idealista, uno con cui si può non essere d'accordo, ma che merita il rispetto della nazione tutta».
In questo quadretto da libro Cuore, nel quale Pannella è una specie di piccolo scrivano fiorentino, a prescindere, noi proviamo a fare una modesta proposta: signor Pannella, coerenza innanzitutto. Voi radicali volete accontentare chiunque rifiuti di curarsi? Ebbene: applichi lo stesso criterio anche durante i suoi satyagraha. Nessun medico osi imporre a lei «Grande Ammalato Volontario» e «Coraggioso Digiunatore» di riprendere a mangiare o a bere, nessun politico violenti la sua volontà implorandola di desistere, nessun giornalista si inginocchi al suo passaggio chiedendole di scendere al piano di sotto, dove regna l'umana incoerenza.
Signor Pannella, se lei manda tutto a carte quarantotto dicendo che rischiava di morire e ha interrotto il digiuno su indicazione del medico, che Pannella è? Faccia le cose per bene. Faccia uno sciopero, uno solo, magari uno scioperino, ma ben fatto. E se non può fare di più, ci regali almeno lo sciopero delle comparsate in tv e sui giornali.
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