«Sapete che c’è? Più mi attaccano, più mi intestardisco. Più mi intimidiscono, più vado avanti. Anzi, diciamola tutta: Mi diverto pure». Augusto Minzolini tiene a mostrarsi tutto d’un pezzo quando vede arrivare la Guardia di finanza a rovistare nel suo ufficio di direttore del Tg1 a Saxa Rubra. Figuriamoci, uno abituato a essere sottoposto a inchieste giudiziarie e a ricorsi di tutti i tipi, uno definito il «megafono di Berlusconi» e l’«Emilio Fede della Rai», alla vista delle Fiamme gialle si esalta (tanto che ieri sera a fine Tg ci ha dedicato uno dei suoi contestati editoriali). Le forze dell’ordine sono entrate nella sua stanza per prelevare incartamenti relativi alla questione Tiziana Ferrario. In breve: la giornalista non ha accettato di essere rimossa dalla conduzione del Tg e ha fatto causa, vincendola. Minzolini in risposta l’ha promossa caporedattore. La Procura ora sta indagando per mancato adempimento dell’ordinanza del giudice del lavoro che aveva chiesto il reintegro alla conduzione. «Vedete che assurdità? Tutto questo è una boiata pazzesca - commenta lui –. Se me l’avessero chiesto le avrei portate io le carte ai magistrati. Alla Ferrario ho offerto una posizione più importante di quella che aveva prima, le avevo pure proposto di nominarla inviata, ma invece dicono che l’ho voluta punire».
Sta di fatto, direttore, che lei ha sostanzialmente fatto fuori due volti riconducibili all’area di sinistra.
«La Busi se ne è andata da sola. Entrambe stavano lì da vent’anni. Ho voluto solo fare un ricambio generazionale».
Questo l’ha ribadito più volte, ma se la magistratura non la pensa così un motivo ci sarà, o sono tutti giudici «rossi»?
«Non mi interessa di che colore sono. Penso però che il protagonismo dei magistrati che cercano pubblicità sia il vero problema della giustizia italiana».
Vuol dire che c’è una congiura contro di lei? Sembra di sentir parlare Berlusconi...
«Non facciamo paragoni azzardati, certo mi sembra evidente un’atmosfera di intimidazione».
Quindi lei sarebbe addirittura una vittima?
«Dico solo che noto una esagerata attenzione per quello che succede al Tg1. E questo avviene sempre dalla stessa parte: un’area culturale e politica ben determinata».
Non sarà che semplicemente fa un giornale troppo schierato con il centrodestra, come dicono tra gli altri Zavoli e Garimberti?
«Non sarà, invece, che io di notizie ne do troppe e do quelle che gli altri nascondono? Come l’inchiesta sui presunti condizionamenti della camorra nelle primarie del Pd a Napoli, o quella su Penati a Milano o quella sul coinvolgimento di esponenti di sinistra a Bari».
Beh, tutte a senso unico...
«Ma noi diamo anche le altre, pure quelle sulle intercettazioni sulle nottate di Berlusconi. Non faccio sentire registrazioni scabrose, per rispetto del pubblico. E penso che interessi più sapere le notizie sulla camorra che quelle sulle mutande della D’Addario».
Ha il sapore di una scusa...
«Assolutamente no. E in ogni caso io rivendico il diritto di vedere in maniera diversa la gerarchia delle notizie. Anzi di essere super partes in un mondo che pende tutto per una “pars”. Dato che l’informazione in Italia è quasi tutta orientata a sinistra, io offro un’altra visione, insomma completo il panorama dei media».
Quindi conferma di fare un Tg schierato.
«No, faccio un Tg nazional popolare riadattato».
Intanto, però, non è più così popolare, gli ascolti calano vistosamente: dal 2009, anno del suo insediamento, si è passati dal 28% di share all’attuale 24.
«Ma dovrebbero dirmi grazie, anzi darmi una medaglia. E invece mi fanno un sacco di menate. Nel calo di ascolti di tutta la tv generalista, io sto frenando il deragliamento. Nonostante tutto, manteniamo la leadership: il Tg1 resta stabilmente in testa a tutti i telegiornali e nel 2011 ha perso con il diretto competitor, il Tg5, solo tre volte. In passato, nei gloriosi anni di Riotta e di altri direttori, si perdeva molto di più».
E allora perché la vogliono convocare in Cda?
«Perché molta gente che si riempie la bocca di tv ne parla senza capirne molto. Se si usassero i loro parametri bisognerebbe richiamare Fede, che all’epoca faceva il 45%. Io sono il primo direttore del Tg1 che deve vedersela con altri 250 canali: in tre anni la concorrenza è aumentata dell’800%».
Onestamente, se ora ci fosse al suo posto Mentana, non pensa che il Tg1 andrebbe meglio?
«Per nulla. Lui usa la formula del talk show che può funzionare sul pubblico di La7, ma da noi con quel tipo di Tg perderebbe il confronto col Tg5».
Il dg Lorenza Lei chiede una decisione collegiale del Cda sulla sua rimozione.
«Decidano quello che vogliono. Fin che posso resto qua».
Anche se viene rinviato a giudizio sulla questione delle carte di credito (l’accusa è di peculato per aver speso 68mila euro indebitamente)?
«Certamente. Ho restituito tutto e che ho agito sulla base di permessi che mi erano stati concessi. È solo una montatura politica».
Ma delle due l’una: o lei è un grande masochista che ama farsi linciare da tutti o ha un profondo amore per Berlusconi...
«Io sono una persona trasparente, quando credo in una cosa la faccio fino in fondo costi quel che costi. Con la mia storia e la mia carriera, non dovevo certo pietire a Berlusconi un posto da direttore. Se io fossi espressione del regime, mi dovrebbero riempire di medaglie come facevano nel Ventennio, mentre tutti mi sputano addosso, ci sarà qualcosa di sbagliato in questo no?».
Ma per lei chi è
«Nelle condizioni date un capo di governo che sta facendo il possibile. Il motivo per cui lui non cade è determinato non dalla sua forza ma dalla debolezza della proposta di chi vuol prendere il suo posto».
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