Parlamento Mariuccia

Se fossi stato uno dei deputati in Aula avrei diretto in replica un coretto pescato dal repertorio delle elementari: "Non mi hai fatto male faccia di maiale, non mi hai fatto niente, lingua di serpente"

Parlamento Mariuccia
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Il punto più basso della storia parlamentare, che pure aveva già dato l'impressione di aver raschiato il fondo, è stato quando il leader o la leader dell'opposizione (è fluida, scelga lei il genere) ha strillato rivolgendosi a Giorgia Meloni la quale tra l'altro era a lavorare a cose più serie a Palazzo Chigi e non poteva replicare - un infantile «presidente del coniglio». Cambiare i nomi, storpiarli, è un esercizio da asilo Mariuccia, ed è pure un plagio degli scherzi da seminaristi in gita. Se fossi stato uno dei deputati in Aula avrei diretto in replica un coretto pescato dal repertorio delle elementari: «Non mi hai fatto male faccia di maiale, non mi hai fatto niente, lingua di serpente». Perché se si deve sguazzare nelle pozzanghere tanto vale opporre la regola introdotta da Sandro Pertini: «A un brigante, un brigante e mezzo». Nel nostro caso, a una Pierina una Pierina e mezzo. Che tristezza un Parlamento in cui anche i migliori, quanto a inventiva oratoria, si sono adeguati a sguazzare nelle pozzanghere per inzaccherare scarpe e calzette alla maestra. È il caso mesto di un Matteo Renzi che ha imbastito tutto un gioco comico sui personaggi delle Avventure di Pinocchio. Se voleva far ridere, c'è riuscito. Riso amaro: ci aspettavamo di più, figliuolo. Forse in aula lo hanno persino ammirato, ma fuori la gente ascoltandolo in diretta e poi rivedendone le repliche qui e là sugli schermi, ha sbottato (ne sono testimone): e questi qui li paghiamo per raccontare barzellette sul Coniglio, Mangiafoco e il Gatto e la Volpe? Mancava uno che citasse Bertoldo

Qualcuno dirà che non c'è nulla di nuovo. Anche in tempi passati in Parlamento si urlava, si usavano espressioni invereconde, si lanciavano accuse di truffa, si proponevano trattamenti a base di calci nel deretano. Togliatti minacciava, Pajetta menava. Più tardi capitò che Teodoro Buontempo appendesse al muro chi l'aveva offeso. Giovanni Goria ricevette uno schiaffo da Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, il quale le aveva aperte per l'occasione con vasti scrosci di nobile e manesca ira.

Andreotti, cultore di atti parlamentari e spigolatore di amenità, ha messo in fila gli episodi più notevoli di tale sbracamento parlamentare in un fortunato libro: Onorevole, stia zitto! Eppure quegli eccessi verbali o corporali non erano intesi dal popolo come episodi di marcescenza delle istituzioni, o di regressioni nella cretineria, ma come quando il latte bollendo straborda dal pentolino, una serietà cui si erano rotti i freni, quasi nitriti di destrieri alla carica per conquistare inferno o paradiso, non per essere scritturati nel cabaret dei talk-show. C'erano di mezzo visioni di mondi nuovi, per cui oso dire si poteva vivere o morire (meglio comunque se fosse crepato l'avversario). La gente comune parteggiava per le due parti, ma non provava noia. Anche nei bar e davanti ai titoli esposti nelle edicole (c'erano ancora) si apprezzava la battuta, rubata a Giovannino Guareschi o a Fortebraccio.

Poi c'è stata un'evoluzione infame verso la cafonaggine. Non c'entra nulla con l'uso di parole classificate dai dizionari come volgari, intesi come popolareschi. Quando ci vuole, ci vuole. L'interiezione scatologica intesa come acuto di un'invettiva

seria e legata a sentimenti profondi del popolo. A sinistra si è scambiato il popolo per plebaglia sguazzante nella bassezza di pensieri e parole da gara con premio a chi orina più lontano.

Questa sguaiataggine senza escludere cadute simili anche a destra, causate dallo scivolamento imitativo per cui «la moneta cattiva scaccia quella buona» è diventata pratica corrente nel novero dei parlamentari progressisti. Il motivo? Hanno capito male la lezione che ha impartito Giorgia Meloni. Hanno letto le analisi dei linguisti e dei sociologi i quali hanno spiegato che il suo successo crescente, nonostante le aggressioni sistematiche tese a rovinarne la reputazione, è dovuto al suo sapersi collocare con i suoi discorsi, le sue battute, le repliche fulminee, là dove battono la lingua e il cuore della gente comune. L'invidia è la cattiva consigliera degli idioti di sinistra alla sudamericana e di quelli fluidi alla newyorchese. I quali amano il popolo ma detestano la popolazione, e perciò non hanno capito niente di quel che attraversa l'animo dei connazionali di città e piccoli borghi.

Gli insulti a base di coniglieria e di viltà vorrebbero minare la dignità di chi come Giorgia e altri suoi bravi ministri prova a rimediare ai guai dovuti al servilismo dei governi giallorossi (traduco: Gentiloni e Conte), ma il risultato è di rafforzare il centrodestra e far crollare la stima nelle Camere e in chi le frequenta.

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