Schlein parla di autoritarismo ma epura chi osa ostacolarla

De Luca jr. fatto fuori da vicecapogruppo: «Una vendetta» Guerini all’attacco: «Inaccettabili processi a un cognome»

Schlein parla di autoritarismo ma epura chi osa ostacolarla
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Attenzione compagni, c’è una deriva autoritaria dentro il Pd. Elly Schlein, dopo aver imposto due capigruppo, Chiara Braga e Francesco Boccia, che fossero espressione diretta della nuova classe dirigente del Pd, fa fuori Piero De Luca dal ruolo di vicecapogruppo della Camera.
Al posto del figlio dell’acerrimo nemico Vincenzo De Luca, scomodo esponente della minoranza del partito, arrivano Paolo Ciani, Valentina Ghio e Toni Ricciardi, mentre la vicecapogruppo vicaria resta Simona Bonafè. «Ha accontentato tutte le correnti e correntine dando un posticino a ognuno, compresi De Luca medesimo (un incarico ridicolo su Pnrr) e Paolo Ciani che è quello di Sant’Egidio che vota sempre contro l’Ucraina», dicono fonti interne al Pd. Ciani sarebbe stato scelto «perché – questa la motivazione della Braga - è persona di grande umanità». È singolare, però, che nell’ufficio di presidenza del Pd sia entrato un parlamentare che ha votato in difformità rispetto al gruppo su un tema di politica estera.

In altre circostanze analoghe, nella Prima Repubblica, ricorda in un post su Facebook il cronista dell’Ansa Giovanni Innamorati, si veniva espulsi dal partito, mentre oggi viene eletto vicecapogruppo chi ha votato contro l’invio di armi all'Ucraina. «Anche la politica è diventata fluida», ha sentenziato Innamorati, mentre l’ex deputato Stefano Ceccanti ha sarcasticamente commentato: «Mi appello al V emendamento». Intanto, dentro il Pd, si vocifera che Piero De Luca potrebbe rifiutare l’incarico proposto. «È chiaro a tutti che le logiche che hanno prevalso in questa vicenda, per quanto mi riguarda, non sono state fondate né su dinamiche politiche, né sulle competenze, né sul contributo al lavoro parlamentare, ma risentono di scorie ancora non smaltite delle ultime primarie. Si è consumata una sorta di vendetta trasversale che non fa onore», scrive su Facebook Piero De Luca, sicuro che il rilancio del partito debba partire dai temi e dalle idee e che «debba in sostanza parlare di qualcosa, non lavorare contro qualcuno».

La verità è che la Schlein, temendo forse che le venisse rimproverato il fatto di aver lottizzato ogni posto con le correnti anziché fare la guerra ai cacicchi così come aveva promesso, non ha voluto essere presente alla seconda parte della riunione di ieri in cui si parlava di nomine. Non ha, dunque, sentito gli interventi critici di Guerini, Madia e Amendola. L’ex ministro della Difesa sottolinea che non si possono accettare «i processi a un cognome» e che «è sbagliato trasformare questo passaggio nella ricerca di uno scalpo politico». Lorenzo Castellani, politologo della Luiss, interpellato dal Giornale, spiega così le epurazioni attuate dalla neosegretaria: «La Schlein ha avuto un modo di gestire totalmente sbagliato perché è arrivata vincendo le primarie contro i dirigenti del partito che in maggioranza avevano votato Bonaccini e ha fatto una segreteria composta da persone sconosciute». È chiaro che «la vuotezza di contenuti e di programmi mette in difficoltà la sua leadership», sentenzia Castellani.

Lorenzo De Sio, direttore Luiss CISE (Centro Italiano studi Elettorali), invece, osserva che la Schlein non si può definire autoritaria proprio perché, in realtà, «non ha ancora proposto una linea sufficientemente chiara».

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