Il Pci e gli italiani, Guido Zagheni spiega quell’amore impossibile

L’argomento non è facile nè scontato. Tanti ci hanno messo le mani (e la testa), non sempre con risultati all’altezza. Questa volta, però, il bersaglio è stato centrato al meglio. Stiamo parlando del saggio di Guido Zagheni Il Pci e gli italiani (Edizioni Trezzi, pagg. 234, euro 15), ora in libreria. Tema spinoso, dicevamo, soprattutto per una storiografia come quella «nostrana» che tende, per invalsa abitudine e malevola tradizione, a privilegiare i giudizi ideologici alla rigorosa formula scientifica di stile anglosassone. Ma tant’è. L’indagine di Zagheni (o, piuttosto, la vera e propria inchiesta) affronta l’argomento del comunismo dalle origini, filosofiche, ideologiche, sociologiche, per affrontare poi il quesito che più gli sta a cuore, inequivocabilmente dichiarato nel sottotitolo dell’opera: «Perché gli italiani hanno creduto al Pci e molti cattolici lo hanno seguito?». L’autore, cremonese di Capergnanica, classe 1942, è particolarmente titolato a rispondere: sacerdote dal 1967, è attualmente docente di storia della Chiesa contemporanea all’Istituto superiore di scienze religiose di Milano. Ma, come capita per tutti gli interrogativi «pesanti», non ci sono risposte definitive e assolute. Questo Zagheni lo sa bene. Cerca quindi di capire e far capire, innanzitutto, che cos’era realmente il comunismo.

E per spiegare l’«attrazione fatale» di molti italiani (e tra questi molti cattolici) per il Pci, punta l’obiettivo sul mutamento del rapporto tra Chiesa e società italiana, «rapporto che si è raffreddato sino a giungere quasi all’estraneità», sottolinea Zagheni.

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