Il Finnmark, la regione all'estremo Nord Est della Norvegia, è un luogo remoto anche oggi; lo era ancora di più nel Seicento, e lo era, ancora di più, l'isoletta di Vardo, immersa nel nulla (gelido) del mare di Barents. È proprio al largo delle coste di Vardo che, la vigilia di Natale del 1617, una tempesta di potenza inaudita coglie i pescatori all'improvviso, mentre sono in mare: quaranta uomini muoiono, tutti insieme, causando, in pratica, l'estinzione del genere maschile sull'isola. A parte il prete, restano soltanto le donne, in maggioranza vedove, alle prese con l'inverno del Grande Nord: tanto ghiaccio e le scorte di cibo che, con i mesi, iniziano a scarseggiare. Insomma sono le donne che devono cominciare a infilare i pantaloni, cosa che l'indomabile Kirsten non esita a fare; e, per fortuna, il suo defunto marito le ha insegnato a pescare con le reti, così può uscire in mare con qualche temeraria compagna per procacciare il pesce, altrimenti quei pantaloni le sarebbero scesi fino alle caviglie, a furia di digiunare.
Però questo regno al femminile, in cui spiccano la combattuta Maren e la cognata Diinna, una lappone che mal sopporta le regole della «civiltà» norvegese e, soprattutto, di certe signore bigotte, non piace alle autorità religiose e neanche alle «pie donne» di Vardo, le più scatenate contro le loro stesse concittadine troppo «libere»: un odore di stregoneria spira da quelle terre lontane, e al naso sempre sensibile degli inquisitori non può sfuggire. Vardo. Dopo la tempesta di Kiran Millwood Hargrave (Neri Pozza, pagg. 348, euro 18) è il romanzo di una storia tragica, dall'inizio - la sciagura in mare - alla fine - un processo per stregoneria che portò otto donne a processo, nel 1621, per avere «evocato» la burrasca fatale. Non c'è da sorridere: la pena, come per i lapponi accusati di «intessere il vento», era il rogo e, prima, c'erano le torture con il fuoco e con l'acqua, al fine di estorcere la confessione.
La britannica Hargrave si immerge nei pensieri e nei sentimenti di queste donne, inclusa Ursa, la moglie di Absalom Cornet, il cacciatore di streghe, un uomo che vede il Maligno ovunque (tranne che in sé), e ci trascina in un epilogo
di angoscia e violenza sempre più ineluttabile, il destino dei deboli, degli schiacciati dalla Storia, degli impotenti di fronte all'abuso del potere, nonostante ogni tentativo, commovente, di indipendenza e di ribellione.
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