Pera: «Anche misure forti per contrastare gli ayatollah»

Per l’ex presidente del Senato, il ritiro italiano dall’Irak è un errore, che mina la credibilità del nostro Paese

Marianna Bartoccelli

da Roma

«Il ritiro delle truppe dall’Irak è un errore», decisa la condanna al nuovo governo, a proposito dell’Irak, da parte di Marcello Pera, l’ex-presidente del Senato, nel corso del suo lungo intervento di apertura al seminario «Le nuove relazioni transatlantiche», terzo incontro organizzato a Lucca dalla Fondazione Magna Charta. Un seminario di studi che si è svolto, tranne il momento dell’apertura dei lavori, a porte chiuse per consentire ai partecipanti un dibattito serrato sui temi dei rapporti tra Italia e Usa e sulle questioni emergenti come il ritiro delle truppe dall’Irak e la complessa questione nucleare dell’Iran.
Per il presidente Pera la decisione del governo sul ritiro delle truppe dall’Irak va in una direzione completamente diversa da quella definita dal governo Berlusconi, malgrado molti dell’attuale maggioranza sostengano il contrario: «Il governo di centrodestra aveva detto che il ritiro sarebbe stato alla fine dell’anno come definito dalla risoluzione Onu», ha ribadito Pera, presidente onorario di Magna Charta, aggiungendo: «Questa inversione “a U” mina la credibilità dell’Italia, in quanto contraria sia agli interessi europei che italiani, e non aiuta nella lotta al terrorismo islamico». Secondo l’ex-presidente del Senato, in questo modo l’Italia si unisce alla Spagna, a Parigi e Berlino, «rivelando così un giudizio negativo sulle politiche nei confronti dell’Irak di Bush e Blair». Particolarmente significativo il riferimento di Pera alla questione iraniana: «Sia l’Europa che l’Italia dimostrano scarso senso di responsabilità e non riflettono che può anche essere necessario un confronto su misure anche forti se necessario», ha sostenuto l’ex-presidente al Senato.
Il seminario prevede la partecipazione di una ventina di studiosi e su ogni tema l’introduzione è fatta da un americano e da un italiano. Fra gli italiani sono relatori Carlo Panella, Fiamma Nirenstein, Margherita Boniver, Sergio Vento e Magdi Allam. Tra gli statunitensi Ariel Cohen, Randy Scheunemann, Ivo Daalder, Walter Mead e Michael Calingaert. Per due giorni si discute di nucleare in Medio Oriente e nel sub-continente indiano, di sviluppo della democrazia elettorale nelle zone critiche del mondo, e di strategia di uscita dall’Irak ma anche di questione energetica e di rapporti tra religione e politica.
La prima sessione è stata aperta dal neo-senatore Gaetano Quagliarello, presidente della Fondazione, che è intervenuto sul tema delle relazioni euro-atlantiche di fronte a nuovi compiti. Secondo il presidente di Magna Charta, dopo un periodo di dissensi sulla questione irachena, Europa e Stati Uniti stanno tentando di riavviare una migliore collaborazione. La nuova cancelliera tedesca, Angela Merkel, sembra intenzionata a superare passate incomprensioni. Ma deve ancora essere valutato l’impatto del cambio di governo in Italia e più in prospettiva l’esito delle elezioni presidenziali del 2007 in Francia. Dopo un periodo di dissensi sulla questione irachena, Europa e Stati Uniti stanno tentando di riavviare una migliore collaborazione, questa la traccia dei lavori che si concluderanno questo pomeriggio.
Il think thank di Lucca, il terzo di questi anni, servirà anche a mettere a fuoco la questione nucleare in Iran, a cui è stata dedicata la terza sessione di ieri. Per i relatori il problema del che fare è di grande attualità.

L’Occidente è posto di fronte all’esigenza di contenere le ambizioni iraniane ma non sembra ancora avere sviluppato una strategia condivisa. E sul che fare sono divisi sia i Paesi occidentali tra loro ma anche al loro interno.

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