Alemayehu, il principe etiope sepolto a Windsor di cui Buckingham Palace non ha mai voluto restituire i resti

Da decenni l’Etiopia chiede la restituzione delle spoglie del principe Alemayehu, ma stranamente Buckingham Palace ha sempre rifiutato ogni appello

Alemayehu, il principe etiope sepolto a Windsor di cui Buckingham Palace non ha mai voluto restituire i resti

Da anni l’India chiede a Londra la restituzione del leggendario diamante Koh-I-Noor, incastonato nella corona della Regina Madre. Allo stesso modo il Sudafrica spera di riportare in patria i diamanti Cullinan, che impreziosiscono diversi gioielli reali, tra cui lo scettro di Sant’Edoardo (Cullinan I, o Grande Stella d’Africa) e la Corona Imperiale di Stato (Cullinan II, o Seconda Stella d’Africa). L’India e il Sudafrica, però, non solo le sole nazioni a esigere dal Regno Unito il ritorno di un pezzo del loro passato. Anche l’Etiopia ha in corso un contenzioso simile con la royal family e il governo britannico. In questo caso, però, non ci sono di mezzo oggetti, seppur di inestimabile valore, bensì i resti di un principe dalla vita breve e avventurosa: Alemayehu, figlio dell’imperatore Teodoro II. Il ragazzo venne seppellito nella Cappella di San Giorgio a Windsor, lo stesso luogo in cui riposa per l’eternità la regina Elisabetta, che si sarebbe sempre opposta al rientro in patria delle sue spoglie.

Dall'Etiopia all'Inghilterra

Nel 1867 l’impero britannico intraprese quella che sarebbe passata alla Storia come “spedizione britannica in Abissinia”. L’obiettivo era liberare i 44 europei presi in ostaggio con un pretesto dall’imperatore Teodoro II (1818-1868) e rinchiusi nella fortezza di Maqdala. La campagna militare volse fin da subito in favore degli inglesi, che il 13 aprile 1868 espugnarono la fortezza, liberando i prigionieri.

Sentendosi braccato l’imperatore si suicidò, sparandosi. Prima di morire, però, avrebbe ordinato alla moglie, l’imperatrice Tiruwok Wube (conosciuta anche come Tirunesh o Terunesh), di fuggire in Inghilterra portando il loro bambino, Alemayehu (1861-1879). Può sembrare una scelta strana, perfino paradossale. In realtà Teodoro avrebbe voluto allontanare il suo erede dalla corte etiope, che quasi sicuramente sarebbe sprofondata nel caos dopo il suo suicidio. Del resto il rischio che il principe cadesse vittima di sanguinose lotte dinastiche era concreto. Purtroppo, durante il viaggio verso Londra, l’imperatrice morì di tubercolosi e il piccolo Alemayehu venne affidato al capitano Tristram Speedy, che lo portò con sé prima ad Alessandria d’Egitto, poi ad Afton Manor, la sua casa sull’Isola di Wight.

Proprio qui il principe conobbe la regina Vittoria. Nel 1845, infatti, la sovrana e il marito Albert avevano acquistato l’ormai ex residenza reale di Osborne House, per trascorrere del tempo lontano dalla caotica Londra (Osborne House è anche il luogo in cui Vittoria morì nel 1901). Sua Maestà si affezionò molto ad Alemayehu: lo avrebbe ospitato nella sua dimora sull’isola e ogni estate lo avrebbe invitato a trascorrere del tempo con lei a Balmoral. Tuttavia per il principe anche l’Isola di Wight fu una breve parentesi prima di partire di nuovo, stavolta verso l’India, con il suo tutore Speedy. Nonostante la distanza la Regina continuò a vegliare su di lui e chiese di essere aggiornata regolarmente sulla quotidianità e, in particolare, sui progressi scolastici del giovane.

Un’educazione inglese

Negli anni Settanta dell’Ottocento Alemayehu rientrò in Inghilterra per ordine del governo britannico, che aveva stabilito per lui un’educazione occidentale e, nello specifico, inglese. La regina Vittoria tentò di opporsi alla decisione, offrendosi di pagare un tutore privato affinché il principe potesse rimanere in India con il capitano Speedy. Non vi fu nulla da fare.

Nel 1875 Alemayehu entrò alla Rugby School nel Warwickshire e nel 1878 venne iscritto nella Reale Accademia Militare di Sandhurst (la stessa frequentata dal principe William e dal principe Harry, che ottennero il grado di cadetti nel 2006). Il ragazzo, però, non sarebbe riuscito ad adattarsi al severo ambiente militare. Così venne trasferito a Leeds, dove avrebbe dovuto proseguire gli studi con un suo ex insegnante della Rugby School, Cyril Ransome.

All’epoca quest’ultimo era un professore di Storia allo Yorkshire College (oggi Leeds University) e accolse volentieri il principe nella sua residenza di Far Headingley. Sfortunatamente il principe etiope non trovò la felicità neppure in questo luogo. Dopo circa sei settimane dal suo arrivo si ammalò di pleurite e il 14 novembre 1879 morì. Aveva solo 18 anni.

Informata del triste evento, la regina Vittoria scrisse sul suo diario, citato dal Daily Mail, “Era un ragazzo gentile, educato, delicato…la sua non è stata una vita felice, [bensì] piena di difficoltà di ogni tipo. Era così sensibile, pensava che le persone lo fissassero per il colore della sua pelle [e] ho paura che non sarebbe mai stato felice”. Il 21 novembre 1879, alla presenza di Cyril Ransome e del capitano Speedy si svolse il funerale del principe. Il suo corpo venne tumulato nell’ala Ovest delle catacombe della Cappella di San Giorgio, al Castello di Windsor, dove si trova tuttora, a circa quattrocento metri dalla tomba della regina Vittoria.

Lettere nascoste?

Il caso del principe Alemayehu presenta due ordini di problemi (e di misteri). Il primo riguarda la sua vita, il secondo la sua morte, o meglio, la sua sepoltura. Per quanto riguarda la sua brevissima esistenza le domande sono molte: perché il governo britannico non avrebbe mai pensato di riportare il principe in Etiopia, dalla famiglia che gli era rimasta? Magari poteva attendere che le acque tempestose della politica si calmassero. Invece ciò non è accaduto.

Sul Guardian l’autrice Maaza Mengiste sostiene che Alemayehu sarebbe stato “rapito” in nome di una “arroganza imperialista” e che negli anni successivi le sue presunte richieste di rientrare in patria sarebbero rimaste inascoltate. Anche l’educazione inglese ricevuta dal giovane viene inquadrata nella prospettiva colonialista, un piano che sarebbe stato studiato per cancellare la sua identità. Richard Pankhurst, professore di Studi Etiopici all’Università di Addis Abeba, ha affermato: “È stata davvero una vita così tragica e breve. Il ragazzo ha visto morire i suoi genitori, è stato portato via dalla sua casa, mandato in India e poi nel freddo intenso dell’Inghilterra, ma il governo ha sempre rifiutato di ascoltare le sue richieste di tornare a casa”.

La situazione diventa ancora più confusa se leggiamo le lettere della nonna di Alemayehu: la donna implorava il nipote di tornare in Etiopia, ma pare che il principe non abbia mai letto queste missive, perché gli sarebbero state nascoste. Il Daily Mail dichiara in proposito: “Si ritiene che [il giovane] non abbia mai visto le lettere”, perché avrebbero potuto “agitarlo”. Le domande vengono spontanee: davvero le lettere dall’Etiopia sarebbero state celate per non turbare il principe? E perché mai avrebbero dovuto preoccuparlo, se lui era deciso a rimanere in Inghilterra? Forse perché era proprio lui a chiedere di tornare in patria, ma qualcuno lo avrebbe trattenuto contro la sua volontà? Non c’è risposta, solo congetture.

In una di queste lettere, citata proprio dal Daily Mail, la nonna di Alemayehu, rivolgendosi alla regina Vittoria, scrisse: “Bacio umilmente la mano di Vostra Maestà. Tre dei miei figli sono morti. Rimane solo Dejazmach Alemayehu. Imploro di badare a lui”. In attesa di un ritorno che non è mai avvenuto.

Richieste negate

A proposito della morte di Alemayehu, invece, ci sarebbero degli enigmi. Negli anni Novanta, riporta il Daily Mail, l’Etiopia domandò il rimpatrio delle spoglie del principe. Buckingham Palace rifiutò. Nel 2007, ci ricorda il Telegraph, il presidente etiope Girma Wolde-Giorgis inoltrò una richiesta formale alla regina Elisabetta per la restituzione dei resti. Il suo appello, però, rimase inascoltato. Un terzo tentativo venne fatto nel 2019, ma anche questo cadde nel vuoto.

La motivazione espressa da Buckingham Palace attraverso un portavoce è sempre stata la stessa: “È poco probabile che si possano esumare i resti [del principe Alemayehu] senza danneggiare le tombe di un certo numero di [defunti] nelle vicinanze…[Il Palazzo] ha la responsabilità di preservare la dignità di questi morti”. Nella cripta sarebbero stati sepolti più di 40 corpi tra il 1845 e il 1887 e sembra che ormai sia addirittura impossibile identificare i resti del principe. Tuttavia la Casa Reale ha concesso alle delegazioni etiopi di far visita alla Cappella in qualunque momento.

L’Etiopia ritiene, al contrario, che si tratti di una “scusa”: la royal family avrebbe paura di dover fare i conti con il suo passato coloniale. “Riportare a casa questo giovane uomo significa [affrontare] verità scomode a cui le persone non vogliono pensare”, ha detto al Times Alula Pankhurst, che fa parte Cultural Restitution Committee. Nel 2019 l’ambasciatore etiope a Londra, Fesseha Shawel Gebre, fu molto duro nei confronti di Elisabetta II: “…Andrebbe a dormire tranquilla se uno dei membri della royal family fosse sepolto da qualche parte, come prigioniero di guerra? Secondo me no”.

L’idea che Alemayehu fosse rinchiuso in una sorta di gabbia dorata venne espressa anche dal cugino di secondo grado di Hailé Selassié, Mulugeta Aserate, che dichiarò: “Il principe era un prigioniero di guerra. Il suo ritorno alleggerirebbe le menti di molti etiopi, i quali credono che la sua legittima tomba dovrebbe essere qui, [accanto a quella di] suo padre”. Maaza Mengiste ha scritto sul Guardian: “Non vi è alcuna valida ragione per continuare a tenere in ostaggio i resti” di Alemayehu. “È diventato una proprietà, come gli oggetti sacri e preziosi nei musei inglesi…”. Nel maggio 2023 c’è stata una nuova richiesta di restituzione indirizzata a Re Carlo III, ma la risposta, ancora una volta, è stata un netto rifiuto.

Una ciocca di capelli

Nel settembre 2023, riporta la Bbc, il Regno Unito ha riconsegnato all’ambasciatore etiope Teferi Melesse una ciocca di capelli appartenuta al piccolo principe insieme ad altri reperti presi dalla fortezza di Maqdala durante la campagna militare britannica. Melesse ha specificato che l’Etiopia continuerà a chiedere anche la restituzione di altri oggetti che sarebbero stati presi dall’esercito inglese durante la guerra.

Richieste, queste ultime, che Buckingham Palace non sarebbe affatto disposta ad ascoltare: “Il Palazzo è inflessibile su cose come queste”, ha dichiarato lo storico Alexander Larman. “Sospetto che non farà nulla, perché se crea un precedente, poi ci saranno altre cose che dovrà fare. La politica della royal family è ignorare queste cose…”. Non è escluso che la famiglia reale abbia sempre respinto gli appelli per il rimpatrio dei resti di Alemayehu per evitare proprio ulteriori problemi simili (e non solo da parte dell’Etiopia).

“Non so perché vogliano il ritorno [delle spoglie], visto che l’ultimo imperatore è stato ucciso in Etiopia”, ha detto l’esperto Hugo Vickers, riferendosi alla morte di Hailé Selassié. “…Non ha senso rimandarlo indietro”.

Lo scrittore ha precisato: “La regina Vittoria ha accolto [il principe] con tutti gli onori, gli ha concesso di essere sepolto vicino alla Cappella di San Giorgio e lui dovrebbe rimanere lì, perché questo è ciò che tutti volevano all’epoca”. Ma era davvero ciò che Alemayehu voleva?

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