Gerda Taro, una delle prime fotografe di guerra, se non addirittura la prima, che ha lasciato la vita sul campo per il suo mestiere, nonché la vita “classica” di una donna dei suoi tempi, fra movimenti socialisti e bar parigini. Troppo spesso il suo personaggio viene nominato quando si parla del suo compagno, il famigerato Robert Capa. Se effettivamente è stato lui a farla entrare nel mondo della fotografia, in pochi sanno che la figura del fotografo di guerra tuttora presente nella coscienza popolare, mai fermo, sempre in movimento, scaltro e avventuroso, è da aggiudicare a lei e anzi, lei stessa aveva molto da insegnare agli uomini dei suoi tempi.
I movimenti antinazisti
Gerta Pohorylle, nome di nascita di Gerta Taro, è nata a Stoccarda il 1° agosto 1910 da genitori ebrei polacchi. Sin da piccola viene notata per il suo carattere forte e determinato e, pur essendo di origini borghesi, entra presto a fare parte dei movimenti socialisti e dei lavoratori dell’epoca. Le azioni di resistenza contro la dittatura di Adolf Hitler alle quali partecipava regolarmente la porteranno ad essere imprigionata nel 1933.
Una storia, a quanto pare raccontata da una delle sue compagne di prigione, vuole che entrando in cella si fosse scusata del proprio abbigliamento: “Sapete, le SA (Sturmabteilung ndr) mi hanno arrestato proprio mentre andavo a ballare”. Testimone della sua bellezza, ma anche del suo raro umorismo e intelligenza, nonostante fosse stata rilasciata grazie al suo passaporto polacco, sarà questo l’episodio decisivo per farla scappare dalla Germania, insieme alla sua famiglia.
Se i suoi si rifugiarono in Palestina, la sua meta era invece Parigi: città prescelta dai visionari (e rivoluzionari) del tempo, fra cui nessun altro che l’artista Pablo Picasso, Gerta farà diversi lavori per mantenersi, fra cui anche quello di traduttrice, essendo lei poliglotta. Era una città che pullulava di intellettuali, artisti, dissidenti, perlopiù immigrati, con l’ombra nazista che si stava facendo sentire sull’Europa.
L’incontro con Robert Capa
Un giorno del 1935 la sua coinquilina e modella, Ruth, la porta con sé ad un servizio fotografico. Qui conoscerà Endre Ernő Friedman, ovvero l’uomo che sarebbe passato alla storia della fotografia come Robert Capa.
Si narra che tra i due fosse amore a prima vista, entrambi di origine ebraica e antifascisti, Endre era cresciuto in Ungheria dove era stato arrestato a 17 anni per aver partecipato ad una manifestazione comunista. Anch’egli un carattere turbolento, rivoluzionario, iracondo, tanto che da piccolo era stato soprannominato “càpa”, squalo in ungherese.
I due, dunque, si fidanzano e grazie a André, nome francesizzato di Endre, Gerta entrerà nel mondo della fotografia, innamorandosene tanto quanto il suo amato. Grazie ai contatti di André riuscirà ad essere assunta come factotum presso l’inglese Alliance, dove imparerà velocemente l’arte della fotografia. La sua apparenza elegante, il carattere astuto e intelligente le farà presto vincere le simpatie di chi le starà attorno.
Ma non bastava. La concorrenza all’epoca era tanta e così Gerda si inventa un personaggio del tutto nuovo per il compagno: nasce così la figura, ormai quasi mitizzata, di Robert Capa, un giovane e talentuoso fotografo americano. L’assonanza con il regista Frank Capra e il fascino esercitato dagli uomini oltreoceano faranno sì che Capa diventerà “il fotografo” di quei tempi. Lei non si accontenta di rimanere in dispare e così reinventa anche se stessa: nasce così Gerda Taro, anche qui l’assonanza con la diva Greta Garbo probabilmente non è casuale. Di lì a poco scoprono che possono vendere le foto di Capa, "famoso" reporter americano, ovviamente scattate da Endre, al triplo del prezzo a cui l’ungherese era abituato a venderle.
La rivoluzione della fotografia di guerra
I due (re)inventano il lavoro del fotoreporter sul campo, il fotogiornalismo come lo è oggi, la figura del fotografo, o giornalista, embedded, cioè integrato all’interno di un battaglione durante la guerra. Sarà Capa a coniare la frase “Se le tue immagini non sono abbastanza buone, tu non sei abbastanza vicino”. Mossi dal desiderio di vivere e documentare una causa vicinissima ai loro ideali, partiranno per la Spagna.
Nel 1936 è in corso la guerra civile tra i repubblicani spagnoli e il movimento fascista di Francisco Franco. Insieme, Capa e Taro, battono il fronte. È qui che Capa scatterà l’immagine che segnerà il suo destino come fotografo di guerra più famoso del XX secolo: il miliziano spagnolo colpito a morte, scattato mentre cade a terra.
È anche qui che Gerda Taro incontrerà la morte: tra diversi viaggi di ritorno a Parigi e dopo aver rifiutato la proposta di matrimonio di Capa per amore per la fotografia, torna in Spagna. Il 25 luglio si trova in compagnia del fotografo Ted Allan, nel mezzo di una battaglia. I due riescono a salire di corsa su di una camionetta militare, che però si scontra con un carro armato, lanciando Taro a terra, dove verrà schiacciata dal cingolato del carro.
L’eredità della “ragazza con la Leica”
Si dice che, ricoverata presso l’ospedale dell’esercito, l’unica cosa che avesse chiesto è se fossero riusciti a recuperare la sua fotocamera. I suoi funerali erano stati organizzati dal Partito comunista francese che l'aveva rivendicata come “una dei loro” a Parigi, dove è stata interrata al cimitero Père-Lachaise, dove giacciono personalità come Oscar Wilde, Jim Morrison ed Edith Piaf.
Sebbene la sua figura fosse passata in secondo piano, oscurata dal successo dello stesso Robert Capa, quest’ultimo ha avuto la vita segnata da Gerda, tanto da non essersi sposato mai. Il fotografo ha passato il resto della sua vita inseguendo la fotografia perfetta, cosa che l’ha portato alla morte nel 1954, quando ha messo un piede su una mina antiuomo durante la guerra d’Indocina, cercando una posizione migliore per fotografare l’armata, che stava attualmente accompagnando, in movimento.
Un fato simile
a quello della sua amata Gerda, che lo porta, come recita la canzone degli Alt-J: “Fated for home, May of 54/[…]/dark after nothing/Reunited with his leg/And with you, Taro”, a riunirsi a lei nella morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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