Gino Galli, il pittore prediletto di "Effeti" espulso dal Ventennio per un quadro e una spia

Fu allievo di Balla e intimo di Bottai. Ma l’opera "Autoerotismo" in cui ritrasse il futuro ministro e i rapporti oscuri con l’Ovra lo condannarono all’oblio.

Ci sono artisti destinati a una promettente carriera che, per le bizze di un destino beffardo, finiscono nell'anonimato per lunghissimi anni, e sono riscoperti solo grazie alla caparbietà di uno studioso che si invaghisce del loro talento. Il misconosciuto Gino Galli (1893-1944) ne è il perfetto esempio. Allievo prediletto di Giacomo Balla, sembra potersi affermare tra i pittori futuristi della capitale dopo alcune fortunate mostre. È anche autore di testi teorici apparsi sulle riviste dell'epoca; eppure, nel volgere di pochi anni, sparisce dalla scena. Continua però a dipingere, avvicinandosi ad altre correnti artistiche ma lontano dai riflettori. La critica lo dimentica. Tanto che la sua data di morte viene spesso riportata in maniera erronea, 1954 anziché '44. Per quale motivo? La vita alquanto tormentata, possiamo ipotizzare. Omosessuale, appassionato di occultismo, morfinomane, confidente dell'Ovra, la polizia politica di Mussolini. La mostra Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all'ordine (fino al 6 maggio) al Mlac, il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea di Roma, permette di ripercorrere la parabola di uno dei tanti irregolari che hanno segnato il primo '900 italiano. Un plauso ai curatori Edoardo Sassi e Giulia Tulino che ha saputo ricostruirne la vita e il percorso artistico. In mostra una cinquantina di opere, la maggior parte inedite e provenienti da collezioni private, accompagnate da disegni, documenti, fotografie. E il quadro che potrebbe aver causato l'estromissione del pittore dal circuito ufficiale del Ventennio fascista: il ritratto di un uomo in camicia nera che si masturba mentre guarda una rivista (forse un giovane Giovanni Bottai - siamo intorno al 1921 - destinato a diventare quindici anni più tardi ministro dell'Educazione). Galli è naturalmente predisposto al disegno e per sua fortuna la madre conosce la suocera di Balla: ancora adolescente, viene accolto dal maestro nella dimora-studio ai Parioli. Le sue doti lo fanno apprezzare da Balla, di cui segue l'evoluzione stilistica: da una pittura influenzata dal divisionismo a una nuova ricerca stilistica per raffigurare il dinamismo, la velocità, la modernità. Anche Galli abbraccia il futurismo e si fa notare all'Esposizione Libera Futurista Internazionale del 1914, tenutasi nella galleria del critico e pittore Giuseppe Sprovieri. Riceve l'apprezzamento di F. T. Marinetti e il suo quadro Trotto=slancio+caduta entra nella collezione del padre del movimento. Inoltre, il giovane illustra il testo marinettiano La danza della mitragliatrice. Nello stesso periodo dirige, con Balla e gli intellettuali Enrico Rocca e Giovanni Bottai, il settimanale Roma Futurista. Interventista, come molti altri futuristi, partecipa alla Grande guerra col grado di tenente. Nel 1919 i suoi quadri vengono esposti da una delle più importanti gallerie della capitale, la Casa d'Arte Bragaglia; nel 1921 la stessa ospita una nuova personale del pittore. Proprio quando il successo sembra a portata di mano, improvvisamente, di Gino Galli non si parla più. In realtà continua a dipingere, ma fuori dai circuiti espositivi della cultura ufficiale. La ricerca stilistica di questa produzione procede nell'ambito artistico del ritorno all'ordine, del realismo magico. Anche la sua morte avviene nel silenzio e nella solitudine a Firenze, nel 1944. Perché? Galli era un solitario, angosciato, dal carattere schivo e tormentato; problemi di salute lo inducono ad assumere morfina e ne diventa dipendente. Intrattiene per un certo tempo una relazione intima con Bottai, che ha probabilmente ritratto nel grande quadro Autoerotismo, risalente al periodo 1920-21. Un'opera scandalosa, per via del fallo eretto in bella mostra: Elica, secondogenita di Giacomo Balla, avrebbe voluto ricoprire con della vernice il dettaglio scabroso. Per fortuna la tela, oggi esposta al Mlac, venne «semplicemente» celata da un pannello inchiodato sopra e nascosta in una cantina per diversi lustri. C'è poi un secondo quadro con una storia interessante. Galli negli anni Trenta realizza un ritratto a pastello di Bice Pupeschi: una donna affascinante, di professione attrice ma in realtà spia col nome in codice di Diana. Aveva una fitta rete di informatori tra le alte sfere del Vaticano e a Roma gestiva due case di tolleranza, dove carpiva informazioni che passava all'Ovra, il cui capo, Arturo Bocchini, era il suo amante. Galli finisce nel giro della Pupeschi, forse perché ricattato: il suo nome compare nei registri dei membri della polizia politica fascista.

Se la sua vita mantiene dei coni d'ombra, non si conosce nemmeno esattamente la quantità della sua produzione. Questa mostra è solo il primo importante tassello per scoprire il percorso di un artista che sarebbe potuto diventare uno dei protagonisti dell'arte fra le due guerre.

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