Ogni giorno che passa si aggiunge un altro pezzo del puzzle sulla vicenda di Chiara Ferragni. E la situazione si complicata sempre più per la nota influencer. Al momento lei preferisce il silenzio, tanto da chiudere persino i commenti ai suoi post su Instagram, e nelle brevi dichiarazioni che arrivano dalla rete si dice fiduciosa e che la questione si risolverà presto, ma da quel che sembra, sbrogliare il nodo alla matassa non è facile. Oltretutto, più si va a fondo e più emergono particolari inquietanti su tutte o quasi le iniziative che sono state portate avanti da Chiara Ferragni. Come ben sappiamo, tutto è cominciato con le indagini da parte del Codacons per la campagna di benefica organizzata con la Balocco, poi anche le uova di Pasqua sono finite nel mirino e, subito dopo, con il caso mediatico che si è gonfiato a vista d’occhio, tutta la vita dorata dell’influencer ha cominciato a traballare miseramente. Sulla questione si è indagato anche sulla bambola Trudi di Chiara Ferragni – a edizione limitata – i cui proventi sarebbero dovuti andare a un’associazione contro il bullismo.
Anche questa campagna di sensibilizzazione che la Ferragni ha pubblicizzato sui social nasconde diversi punti oscuri e, in un servizio del programma Zona Bianca, sono venuti a galla molti retroscena. “Ho deciso di fare un primo passo e associarmi a questa organizzazione no profit che si occupa di bullismo", aveva detto nel 2019 Chiara Ferragni in un messaggio sui social. La bambola Trudi è andata sold out appena cinque ore dopo il lancio. Alla luce dei recenti risvolti, la Tbs Crew, l'azienda controllata da Chiara Ferragni, ha rilasciato un comunicato dove ha affermato che "i ricavati derivanti dalle vendite della bambola sono stati donati all'associazione Stomp Out Bullying”, e che “l'impegno nei confronti di tale associazione ha riguardato esclusivamente le vendite fatte sul canale e-commerce diretto e non anche su altri canali gestiti da terzi”. Da quel che sembra, però, tutti i proventi degli acquisti – datati 2019 - non sarebbero mai arrivati sul conto dell’associazione e non figurerebbe nemmeno il nome di Chiara Ferragni in nessuna donazione successiva. Ancor più strano è che, nella lista degli ambasciatori dell’ente a difesa dei più deboli, non è stato trovato il nome di Chiara Ferragni.
Per l’appunto, Zona Bianca avrebbe indagato su questo ennesimo (e possibile) illecito, arrivando a contattare su Linkedln il ceo di Spomp Out Bullying e, interrogato sulla questione, avrebbe confermato i dubbi sulla questione.
“Non sappiamo chi sia questa donna e non abbiamo mai ricevuto una donazione”. Queste le parole di Ross Ellis che oltre a essere ceo è anche fondatore dell’ente. E quindi, se la donazione non è mai arrivata a destinazione, dove sono finiti i proventi della "bambola benefica"?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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