Se si dovesse usare lo stesso suo linguaggio, nelle parole e nel pensiero, Oliviero Toscani meriterebbe al massimo una riga di annuncio, non altro, non oltre. Leggo e ascolto celebrazioni e riverenze che a lui medesimo avrebbero fatto schifo perché Toscani aveva capito in anticipo il giro del fumo, dunque fottendosi di tutto, quasi tutto tranne di chi gli garantiva il sostentamento e che sostentamento. Razzista e scorretto, furbastro, negativo, spacciatore d’odio contro Berlusconi e i berlusconiani, Meloni e i meloniani, ci siamo capiti quell’altro da lui diverso e distante, spazzatura degli occhi e del cervello, discarica nella quale gettare chi non gli garbava ed erano mille e più di mille. Artista sulle disgrazie umane, fame, anoressia, sangue, morte, guerra, colore della pelle e united colors, il suo non era mai un sorriso ma un ghigno feroce, acido. La fotografia della sua vita risulta per questo sfocata, eppure ha segnato la storia dell’immagine, trasformata in poesia stando agli agiografi contemporanei.
Anche l’epilogo della sua esistenza è stato scontornato, la malattia tremenda gli ha tolto forza e spirito ma non ha voluto sottrarsi alle ultime istantanee quasi a scherzare con l’ultimo scatto della macchina fotografica. Il parce sepulto non può sempre valere, per restare in linea con Toscani Oliviero, un semplice ringraziamento per avere consentito di pensare, nel caso suo, che l’obiettivo è soltanto un sistema ottico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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