Paola Egonu e quell’idea distorta dell’Italia a pochi giorni da Sanremo

Per un po' di visibilità in più in vista del festival di Sanremo, Paola Egonu ha sferrato un attacco durissimo contro l'Italia, suo Paese

Paola Egonu e quell’idea distorta dell’Italia a pochi giorni da Sanremo
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Il festival di Sanremo è alle porte e in tanti si sono già lamentati di Paola Egonu. Certo, le polemiche prima della più importante kermesse canora dell'anno sono immancabili, senza quelle non ci sarebbe nemmeno tutto l'hype che avvolge il Festival, ma Paola Egonu ha forse superato un limite con le dichiarazioni rilasciate a Vanity Fair a pochi giorni dall'inizio della kermesse. Intendiamoci, ognuno può e deve essere libero di esprimere la sua idea, la sua percezione. Ma l'Italia non è l'America di Rosa Parks: questo Paola Egonu dovrebbe riconoscerlo, se volesse condividere con il mondo anche un po' di onestà intellettuale. Magari proprio da quel palco, dal quale sarà guardata da milioni di italiani per bene che non si vogliono certo sentir etichettati come razzisti, non essendolo.

Isole di razzismo sono presenti, questo è innegabile ma, appunto, si tratta di isole e quelle si trovano in Italia così come nel resto del mondo. Ma considerare l'Italia come un Paese razzista è un'iperbole, probabilmente voluta e cercata da parte di Paola Egonu, per aumentare l'attenzione sulla sua partecipazione al Festival. Sì, probabilmente c'è riuscita, ma a quale prezzo? E ha stancato anche l'accostamento che la pallavolista ha già fatto in passato tra il tifo e la sua attività di sportiva. Sì, anche nel tifo ci sono elementi razzisti che vanno isolati ma non si possono mettere sullo stesso piano quello e le critiche, anche crudeli e crude, per la propria attività sportiva. Su quelle, la cara Paola, deve starci senza lagnarsi, perché viene pagata per giocare davanti a un pubblico che tiene alla maglia che indossa, forse quanto e più di lei, che per seguire le velleità professionali, ed economiche, non si è fatta problemi a trasferirsi in Turchia. "Non sanno niente di me, di noi atlete. Non sanno quanto fatichiamo, quanto siamo stanche, quanto non ci sentiamo all'altezza, quanto a volte vorremmo solo prenderci una pausa da tutto, ma non possiamo", ha detto Paola Egonu a Vanity Fair.

La fatica, ben ricompensata, su un campo di pallavolo come può essere messa a paragone a quella di un operaio, di un giovane stagista, a quella di un qualunque lavoratore che per assistere a una partita della sua squadra del cuore sacrifica parte del suo compenso, che certamente non è paragonabile a quello di una giocatrice professionista, con tanto di sponsor? A volte è meglio tacere se il risultato è questo. E sorvoliamo sul fatto che ha lasciato intendere di non volere avere figli perché rischia siano di pelle nera o mista e non vuole vivano lo "schifo" che ha vissuto lei.

Queste sono considerazioni troppo personali per poterle commentare ma questa narrazione iperbolica dell'Italia è fuori contesto e fuori tempo. Ma tornando alla Turchia, fa riflettere il fatto che abbia scelto di andare a giocare in un Paese dove, è noto, il riconoscimento dei diritti non è certamente degno di quello europeo. Eppure...

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