Jackie Kennedy non è stata una reale, ma seppe interpretare il ruolo di First Lady degli Stati Uniti come fosse quello di una Regina senza corona ricreando, con l’aiuto del marito John F. Kennedy, una “royal family” presidenziale, una sorta di corte scintillante alla Casa Bianca, la celebre “Camelot” politica, diplomatica, ma anche glamour, patinata, alla moda, elegante. Quando il sogno (o forse l’illusione, come ritengono alcuni) si infranse il 22 novembre 1963, ciò che rimase dello splendore perduto fu un tailleur rosa macchiato di sangue. Un vestito simbolo di una tragedia nazionale, oggi al centro di un mistero molto strano, che potrebbe restare irrisolto per sempre.
Un vestito leggendario
Le terribili immagini dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963, sono ormai diventate parte della memoria collettiva del mondo intero. Quando le rievochiamo nella nostra mente uno dei particolari che diventano subito nitidi, riconoscibilissimi, è il colore rosa del tailleur indossato dalla First Lady Jacqueline (all’epoca dell’attentato la televisione era in bianco e nero, ma nel 1964 vennero pubblicate le foto a colori e il pubblico scoprì in quel momento la tonalità dell’outfit di Jackie).
Le fotografie hanno cristallizzato quei momenti concitati, quella giornata che parve trascorrere in pochi secondi: Jackie che scende dall’Air Force One all’aeroporto di Love Field, felice e sorridente, saluta quanti sono venuti ad accoglierla, stringe tra le braccia un mazzo di rose, poi, come in un cambio di scena repentino e inaspettato la vediamo lanciarsi sul retro della limousine Lincoln Continental SS100X dopo che John è stato colpito, nell’atto istintivo e disperato di cercare l’aiuto delle guardie del corpo e, nello stesso tempo (è terrificante il solo pensiero), raccogliere i frammenti di cervello del presidente, sparsi ovunque insieme al sangue, anche su quel tailleur rosa.
Quel coloro acceso, vivace, è l’elemento stridente di quegli scatti, perché ci ricorda la normalità spezzata di un giorno che doveva essere come tanti altri e quanto quell’attentato sia stato imprevedibile e cruento. Dopo l’assassinio Jacqueline continuò a indossare l’abito anche durante il giuramento di Lyndon Johnson sull’Air Force One e nel mesto viaggio di ritorno a Washington. La nuova First Lady, Bird Johnson, le chiese se volesse cambiarsi, ma lei rispose: “Oh no, tutti devono vedere cos’hanno fatto a John”.
Proprio la signora Johnson ricordò: “I capelli le ricadevano sul viso, ma era molto composta…L’abito di Mrs. Kennedy era imbrattato di sangue. Una gamba era quasi completamente coperta dal sangue e il suo guanto destro era incrostato dal sangue di suo marito. In qualche modo fu uno spettacolo toccante, quella donna immacolata, vestita in modo squisito e sporca di sangue”.
Un modello Chanel?
Tailleur rosa doppiopetto, con bottoni dorati, collo, orlo delle maniche e bordo delle tasche di colore blu, cappellino a tamburello abbinato, questo era uno degli outfit di Jackie più amati dal presidente Kennedy. La First Lady lo aveva già indossato in diverse occasioni tra il 1961 e il 1963. Il primo mistero di quest’abito è la sua firma: impossibile non riconoscere nelle sue linee sobrie il modello iconico creato da Coco Chanel.
Il discorso è un altro: si tratta di uno Chanel originale o di una copia comunque d’alta moda? Gli storici non sono arrivati a una conclusione unanime. La teoria più plausibile propende per la copia realizzata, pare, da Chez Ninon. Attenzione, però, perché se le cose fossero andate proprio così, non si tratterebbe certo di contraffazione. Nella sua biografia “Coco Chanel. The Legend and The Life” (2010) Justine Picardie sostiene che il tessuto e i bottoni sarebbero arrivati direttamente dalla sede parigina di Chanel. Il tailleur sarebbe stato poi adattato sulla First Lady da Chez Ninon.
Da notare che il prezzo di un originale e di una copia di questo tipo è quasi lo stesso, ovvero circa mille dollari. Ma allora perché Jackie non avrebbe comprato un abito dalla maison di madame Coco? La spiegazione potrebbe essere molto semplice: sebbene la stoffa e il modello fossero francesi, rispecchiando il gusto della First Lady, il tailleur sarebbe stato realizzato negli Stati Uniti, da sarti americani. Un’accortezza che l’elettorato avrebbe gradito. In questo modo Jackie non avrebbe scontentato nessuno (“un colpo al cerchio e uno alla botte”, insomma, perché la politica e la diplomazia si possono esercitare anche attraverso la moda).
L’abito che rivedremo (forse) tra quasi un secolo
Alcuni giorni dopo l’assassinio Jacqueline ripose l’abito in una scatola, senza lavarlo e lo spedì a sua madre, Janet Lee Bouvier. La signora lo consegnò al National Archives and Records Administration’s College Park del Maryland. Nel 2003 l’unica figlia della coppia presidenziale ancora in vita, Caroline, firmò un atto di donazione in cui dichiarava di non volere che l’abito fosse visibile al pubblico prima del 2103. Un secolo esatto. Una scelta che, per certi versi, può apparire enigmatica. Quel tailleur, però, risveglia dei ricordi dolorosissimi in Caroline, la quale non tollererebbe il fatto che milioni di persone sostino in un museo, di fronte all’abito insanguinato della madre.
Nel documento, infatti, possiamo leggere che il divieto di mostrare l’abito deriva dalla volontà della famiglia Kennedy di “non disonorare in alcun modo la memoria dell’ex Presidente o causare immotivato dolore o sofferenza ai membri della sua famiglia”. A qualcuno potrà sembrare un vincolo eccessivo, una decisione errata, perché quel capo fa ormai parte della Storia. Altri la considereranno una visione giusta, visto che la sofferenza di una figlia deve essere rispettata. In realtà entrambe le posizioni sono condivisibili e a ben pensarci forse non sarebbe stato fuori luogo tentare di trovare una via di mezzo.
Ma c’è un altro punto interrogativo: nel 2103 saranno gli eredi dei Kennedy a decidere cosa fare del tailleur. Avranno il diritto di scegliere se esporlo al pubblico, o continuare a tenerlo lontano da occhi indiscreti, magari per sempre. Una volontà imprevedibile di cui, forse, verremo a conoscenza tra 80 anni. Per ora il tailleur rosa di Jacqueline Kennedy è conservato in una teca che garantisce il mantenimento della temperatura e dell’umidità adeguate ad evitarne il deterioramento e l’aria viene cambiata sei volte ogni ora.
Per tutto il mondo quell’abito, visibile o meno, rimarrà l’emblema della tragedia, ma anche di un dolore infinito, quello della First Lady, che
non si attenuò neppure col tempo. Al contrario, divenne cronico, in un certo qual modo si incancrenì nella forma di un subdolo disturbo post traumatico da stress con cui Jackie dovette convivere 31 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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