Avrebbe dovuto essere una manifestazione di sostegno, ma le parole forse hanno tradito le intenzioni. Una gaffe o una «leggerezza», fatto sta che ieri mattina Antonio di Pietro è tornato dopo 19 anni davanti al Pio Albergo Trivulzio, questa volta per manifestare contro lo scandalo degli affitti stracciati dati a politici, giornalisti, magistrati e vip.
Peccato che a essere coinvolti nel caso «Affittopoli» sia proprio Cinzia Sasso, giornalista di Repubblica e compagna del candidato sindaco del centrosinistra che l’Idv appoggia alle comunali, Giuliano Pisapia. Un bel corto circuito non c’è che dire, visto che la compagna dell’avvocato rifondarolo abita da 22 anni in un appartamento di 119 metri quadri in corso di porta Romana a 6840 euro l’anno più spese. Ed è in quella stessa casa che Pisapia si è fatto immortalare, come fosse sua, nel servizio di Oggi uscito l’11 gennaio scorso. Cosa riesce a dire l’ex magistrato di Mani pulite, forse confuso dai ricordi dei tempi di gloria? «Pensate davvero che Pisapia, che nell’89 neanche conosceva Cinzia Sasso, debba essere considerato responsabile per l’impegno politico che ha preso davanti agli elettori?». In questo momento - la ricetta di di Pietro - bisogna «pretendere che ognuno si assuma le proprie responsabilità politiche e giudiziare» e la Sasso «deve dare le sue giustificazioni come tutti gli altri». Fine del sostegno a Pisapia che con la «leggerezza» di «Affittopoli» sta perdendo precipitosamente il consenso.
Di Pietro pensa al suo, di consenso: «Quello che sta succedendo in Italia dimostra che tutto è cambiato, ma nulla è cambiato - tuona -. In questo quel che ci interessa è avere la più grande trasparenza in tutti gli enti pubblici, non solo per gli affitti e le compravendite, ma anche per la gestione degli appalti. Non vorrei che stesse tornando tutto come prima anche nella spartizione e nella lottizzazione degli appalti». Quella di Affittopoli è una storia che, «non è mai finita», perchè «mai la si è voluta risolvere» e che non riguarda solo il Pat, ma tutto il Paese.
Scoperto il «tumore» - spiega di Pietro, che ripete come un mantra questo ritornello anche all’incontro con i lavoratori dell’ente - non ci si doveva affidare solo al «chirurgo magistrato» che era intervenuto, ma portare avanti «un’enorme chemioterapia e un’enorme attività di prevenzione» che impedissero in futuro il ripetersi dei fatti diallora. Marta Bravi- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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