La partita della transizione energetica e dello sviluppo sostenibile in Italia pone il Paese davanti a scelte decisive. Per Leonardo Becchetti, dal 2006 professore ordinario di Economia politica presso l'Università di Roma Tor Vergata, editorialista di Avvenire e già consulente del Ministero della Transizione Ecologica per la bioeconomia e la fiscalità sostenibile, la via è chiara: accelerare la svolta verso le rinnovabili per non perdere tempo e promuovere una transizione veramente sostenibile. Dopo aver ascoltato esperti del calibro di Fabrizio Barca e Stefano Zamagni, proseguiamo la nostra indagine sulle priorità dell'Italia per queste sfide con un'altra voce estremamente autorevole del panorama accademico nazionale, specializzato sui temi decisivi della sostenibilità e della sua costruzione.
Professor Becchetti, dopo la crisi energetica e la crisi dell'inflazione, quali sono le sfide dominanti per la partita italiana della transizione energetica?
“Viviamo oggi una straordinaria coincidenza di opportunità per la quale emergenza climatica, inflazione, costi per famiglie e imprese, dipendenza energetica, pace spingono tutte in direzione di una transizione equa dove la strategia chiave è aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili (da declinare su mobilità, edifici, ecc.). Sappiamo infatti che le energie rinnovabili (sole, vento ma anche nucleare) producono nell’intero ciclo di vita del prodotto (dall’estrazione dalla cava allo smaltimento) 100 volte meno emissioni di gas e petrolio e 200 volte meno emissioni del carbone. Sappiamo che sono la fonte di energia meno cara (molto meno cara del nucleare). Inoltre con le rinnovabili possiamo porre fine alla nostra dipendenza dalle dittature di altri paesi che controllano giacimenti di gas e petrolio e possiamo muovere verso una vera indipendenza energetica. Inoltre se ci fossimo trovati più avanti nella transizione oggi avremmo avuto molto meno inflazione (così come è accaduto in Francia dove la dipendenza dalle fonti fossili è molto più bassa). Continuare a restare così legati alle fonti fossili è puro masochismo”.
Abbiamo perso tempo, dunque?
“Sinceramente negli ultimi anni non abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per accelerare la transizione. Dobbiamo accelerare sul fronte delle autorizzazioni (bene il raddoppio dei membri della commissione di Valutazione d’Impatto Ambientale), concludere l’iter dei decreti attuativi delle comunità energetiche e spingere per obbligatorietà di pannelli su parcheggi (già è così in Francia), scuole e case popolari. Siamo molto lontano dai Paesi scandinavi, ma anche dal Portogallo e dalla Germania e possiamo fare progressi importanti quanto a quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili”
Come si posiziona il nostro Paese a livello europeo? Quali tecnologie hanno oggi un ruolo d'avanguardia, a suo avviso, che potrebbe essere sfruttato?
L’Italia è in ritardo rispetto ai Paesi scandinavi, la Germania, ma anche il Portogallo e persino la Grecia. Non c’è nulla da inventare. Ci sono tante scommesse che non sappiamo se e quando sbocceranno (la fusione nucleare, la cattura della Co2, l’idrogeno per i trasporti pesanti). Il nucleare non fa emissioni ma è enormemente costoso e resta una via politicamente impraticabile nel nostro Paese. Non avrei spento le centrali oggi se le avessi avute per far fronte all’emergenza gas ma pensare di risolvere problemi che dobbiamo risolvere nei prossimi anni costruendo nuove centrali è impossibile. Infatti se ne parla sempre meno. Quello che è certo è che i progressi su quanto già esiste ed è consolidato accelerano ogni giorno".
In che misura abbiamo avuto progressi su queste tecnologie?
Dal 1976 ad oggi il prezzo dei pannelli solari per le economie di scala generate dal gigantesco aumento della produzione è crollato del 99 percento. Ogni giorno arrivano nuove scoperte sul fronte delle batterie che ne aumentano la riciclabilità e riducono la nostra dipendenza dai minerali rari. Risulta possibile arrivare in pochi anni vicini al 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili come indicano le esperienze di alcune regioni e Paesi di avanguardia. I problemi di approvvigionamento di materiali saranno sempre minori. Il gap sull’essere o meno produttori di petrolio o di gas è incolmabile, quello sulla produzione di pannelli, batterie o sull’approvvigionamento di minerali rari sì. E l’Italia a Catania sta creando alcuni dei centri di produzione più importanti ed innovativi a livello europeo da questo punto di vista”
Lei ha spesso coniugato la partita della lotta alla crisi climatica con la sfida della giustizia sociale. Quali sono le priorità per farle convergere?
“Ci sono tre questioni fondamentali che s’incrociano col tema della sostenibilità sociale che sintetizzerei così: cambiare casa, cambiare macchina, nuove e diverse opportunità di lavoro. Questi cambiamenti devono avvenire senza costi per i più deboli. Già oggi le macchine ibride nonostante un costo leggermente superiore all’acquisto costano in realtà meno di quelle equivalenti a benzina se guardiamo all’orizzonte di vita dell’autovettura per i risparmi negli anni di utilizzo di costo del carburante. Le full electric e le plug-in sono ancora piuttosto care ma si calcola che nel giro di 2-3 anni sempre per le economie di scala vedranno crollare i loro prezzi. Fondamentale sarà l’adeguamento progressivo dell’infrastruttura, non a caso il governo ha recentemente approvato il piano per l’aumento delle colonnine previsto da PNRR”.
Come si inserisce, in quest’ottica, il tema dell’edilizia e dell’efficienza energetica?
“Per le case è più difficile. Abbiamo più del 50% dei nostri edifici nelle ultime due classi di efficienza energetica (F e G). L’UE chiede di arrivare almeno alla classe E nel 2030 e alla classe D nel 2033. A livello micro è un affare per il cittadino anche con il 90% e senza il 110 perché il costo vivo è inferiore ai benefici in termini di risparmio di spesa di riscaldamento e di aumento del valore dell’immobile (si stima un 8 % per ogni doppio salto di classe energetica). La questione chiave qui è il buon funzionamento del mercato della cessione dei crediti d’imposta che si è saturato: è necessario spalmare l’intervento su un orizzonte più ampio dei 5 anni.
Un processo ampio, dunque, che cambierà anche il modo di produrre e lavorare…
“Fondamentale anche il fronte della formazione ai nuovi lavori. La domanda di lavoro da parte dell’imprese che non trova risposta dal lato dell’offerta è soprattutto sulle professioni green che richiedono lo sviluppo di nuove competenze”.
Il costo della crisi energetica per i redditi più bassi è stato notevole. Come tamponare questa sfida nel 2023?
“Colpa del nostro ritardo nella transizione ecologica che ha fatto soffrire le famiglie ancora legate all’auto a benzina e a consumi di riscaldamento troppo elevati. E che ha aumentato i costi dell’energia di troppe imprese non in grado di autoprodurre energia da fonti rinnovabili. L’unica risposta strutturale è accelerare la transizione e nel frattempo aiutare i più deboli ma solo loro. Non ha senso pertanto una riduzione di accise sul gasolio o sulla benzina per l’intera popolazione”.
Come giudica le nuove normative europee, dalla tassonomia green alla normativa sulle case, nella partita per lo sviluppo sostenibile?
“Ci aiutano a combattere l’emergenza climatica (che è il problema più grave e perdurante sullo sfondo) e ci aiuteranno anche a ridurre le nostre spese di riscaldamento e ad aumentare il valore di mercato delle nostre case.
Per evitare che sia un fardello sulle nostre spalle dobbiamo disegnare in maniera intelligente il sistema d’incentivi e dare forza a diverse forme d’intervento da quella individuale, a quella dei condomini già sperimentata con successo in alcune parti del Paese fino a quella delle comunità energetiche”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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