
«Esiste un margine temporale d’intervento qualora il legislatore decidesse, come avvenuto in passato, di sterilizzare tali aumenti dei requisiti». Questo margine coincide con il tempo necessario all’adozione del decreto direttoriale del Mef e del ministero del Lavoro, previsto entro il 2026. In audizione presso la commissione d’inchiesta della Camera sugli effetti della transizione demografica, Gianfranco Santoro, direttore centrale Studio e ricerca dell’Inps, ha tuttavia sottolineato che l’incremento della speranza di vita «è coerente con la previsione di un incremento di 3 mesi dei requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni di età) e per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 1 anno in meno per le donne) a partire dal 1° gennaio 2027».
Insomma, gli italiani vivono di più e questo trend è certificato dall’Istat: gli ultimi dati ufficiali rilevano un miglioramento, soprattutto a partire dai 65 anni, con una media di 21,2 anni attesi di vita residua. Un dato che, secondo le norme in vigore, comporterebbe l’aumento di tre mesi dell’età pensionabile a partire dal 1° gennaio 2027. Una prospettiva che però il governo intende disinnescare. Lo ha dichiarato il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali, Claudio Durigon (Lega), spiegando che il ministero dell’Economia e quello del Lavoro stanno già lavorando a una norma ad hoc. «Aspettavamo le rilevazioni dell’Istat. Adesso il Mef sta lavorando e possiamo garantire che l’intento, come ha sempre detto il ministro Giorgetti, è quello di sospendere l’aumento di tre mesi previsto dal 1° gennaio 2027». Durigon ha però escluso che il provvedimento possa rientrare nel prossimo collegato Lavoro.
Ma la spesa per pensioni è in aumento
Il vero nodo resta però la tenuta finanziaria del sistema. Secondo l’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato, nel 2024 la spesa pensionistica si attesterà intorno al 15,4% del Pil, un dato in crescita rispetto al biennio precedente. «Le cause di tale andamento – ha spiegato Santoro – risiedono nell’alto livello di indicizzazione delle pensioni a fronte di un significativo incremento del tasso di inflazione registrato tra la fine del 2021 e il 2023, e nel perdurare degli effetti delle misure di pensionamento anticipato del decreto legge 4 del 2019 (cosiddetto “Quota 100”)».
Il trend, secondo le stime, continuerà a salire fino al 2040, toccando un picco del 17,1% del Pil, per poi iniziare una lenta discesa: 16% nel 2050, 14,1% nel 2060, con una relativa stabilità nel decennio successivo.
«Tale calo – ha concluso Santoro – è riconducibile all’applicazione generalizzata del calcolo contributivo, alla stabilizzazione del rapporto tra numero di pensioni e occupati, all’esaurimento dei pensionamenti dei baby-boomers e agli ulteriori adeguamenti legati alla speranza di vita».
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