Per alleggerire il costo delle energie che grava sulle spalle di imprese e cittadini, il governo ha messo a disposizione altri 3 miliardi di euro per il 2023. Il governo sta affrontando il Documento di economia e finanza (Def) che viene discusso oggi, martedì 11 aprile, e che, in sintesi, è un documento che delinea gli obiettivi delle politiche economiche dello Stato, tenendo conto di indicatori come il Pil, il debito pubblico e il deficit e prevedendo l’evoluzione dell’inflazione e del mercato del lavoro. A Palazzo Chigi si sta dunque lavorando tenendo d’occhio il deficit e il debito pubblico, temi cari all’Europa e anche al ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.
Tre miliardi per il 2023
La notizia più utile nell’immediato riguarda i fondi stanziati per contenere il prezzo delle energie, tre miliardi di euro per il secondo semestre del 2023, quindi utili soprattutto in previsione dei mesi più freddi, il cui peso effettivo sarà più chiaro tra qualche mese, quando saranno noti i costi delle materie prime anche alla luce dell’evoluzione dell’inflazione.
Tre miliardi di euro che si possono ricavare da un minore contenimento del deficit il quale, nelle mire del governo, dovrebbe arrivare al 4,5% rispetto al 4,35% preventivato in prima istanza.
Il 2024 e l’Irpef
Il Def contempla gli interventi statali fino al 2026 ed è quindi un documento programmatico al quale si sovrappone almeno parzialmente la legge di Bilancio che si dovrà concentrare sulla riduzione delle aliquote Irpef e sulle pensioni.
Le aliquote Irpef dovrebbero diventare 3 in luogo delle 4 attuali, fermo restando che occorrono spazi di manovra per agire in questa direzione. Le stime di crescita economica sono al rialzo dell’1% per il 2023 e, pure facendo affidamento sulla bontà di questa proiezione, è difficile stimare l’andamento per il 2024 e questo complica la pianificazione degli investimenti pubblici.
Nel 2024 la riforma Irpef dovrà sorreggersi sulle proprie gambe, alleggerendo la pressione fiscale sui ceti meno abbienti e riducendo i benefici per i redditi più alti. Per fare in modo che gli effetti della riforma fiscale si manifestino, è necessario un tesoretto da 4-5 miliardi di euro.
Il futuro incerto delle pensioni
È possibile che il percorso più sacrificabile sia Quota 41 che dà diritto al pensionamento con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica del lavoratore.
Almeno per il 2024, Quota 103 (41 anni di contributi e almeno 62 anni di età) sembra la via più percorribile ma, a priori, il governo studia il taglio del 2% dei contributi previdenziali (3% per i ceti più bassi) ed è intervento che, per il solo 2024, dovrebbe arrivare a costare 5 miliardi di euro. Tutte misure che devono essere attuate tenendo conto dei dettami europei che impongono all’Italia la riduzione del debito pubblico per almeno l’1% l’anno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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