Durante l’assemblea pubblica di Confindustria Genova, il presidente Emanuele Orsini ha lanciato accuse dirette ai sindacati, in particolare alla Cgil guidata da Maurizio Landini, per non aver supportato l’industria nelle sfide cruciali a difesa del lavoro. Un atto d’accusa che si inserisce in un momento delicato per l’economia italiana, segnato dalla crisi di Stellantis e dalle incertezze sull’automotive, un settore strategico ma colpito da profonde trasformazioni.
La critica ai sindacati e l’urgenza delle sfide industriali
Orsini ha espresso rammarico per l’assenza dei sindacati nelle battaglie che, a suo dire, sarebbero fondamentali per salvaguardare il tessuto industriale e i posti di lavoro: "Mi farebbe piacere averli a fianco a me, purtroppo non li vedo. Non capisco perché non abbiamo dichiarazioni in tal senso, che dicono ai propri lavoratori cosa sta facendo l'industria. Serve cambiare passo, perché non c'è più tempo e si rischia di perdere altre imprese del nostro Paese". Queste parole, pronunciate nel contesto delle proteste dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, segnano un momento di forte tensione tra le parti sociali.
Stellantis e il ruolo del governo
Nel suo intervento, Orsini ha toccato anche la questione Stellantis, aggravata dalle dimissioni di Carlos Tavares, ex amministratore delegato del gruppo: "L’Italia ha mantenuto i propri impegni verso Stellantis, ora serve che Stellantis faccia lo stesso con il nostro Paese, salvaguardando i posti di lavoro e la filiera automotive, che è di primaria importanza".
Non è mancata una richiesta esplicita al governo, affinché aumenti il sostegno al settore: "I 200 milioni stanziati per l’automotive sono insufficienti, servono almeno il doppio. È fondamentale premiare le aziende che reinvestono gli utili e mantengono l’occupazione". Queste dichiarazioni si intrecciano con quelle del ministro Urso, che durante il question time di mercoledì ha indicato un possibile aumento delle risorse fino a 750 milioni, evidenziando un segnale di apertura da parte dell’esecutivo.
Sull'auto in generale, ha proseguito, "i numeri mostrano la debacle delle scelte fatte. Volkswagen ha fatto -64% di profitti, Audi -91%, BMW -84%, Mercedes -54%. Io credo che sia una rappresentazione plastica di tutto quello che abbiamo fatto di sbagliato in questi ultimi anni perché questo vuol dire distruggere l'industria", ha detto Orsini.
Il Green Deal e la sfida europea
Un’altra questione centrale affrontata da Orsini è quella delle normative europee legate al Green Deal, che impongono transizioni rapide in settori chiave. "L'Europa paga una sottovalutazione dell'industria che dura da vent'anni. Serve smettere con l'estremismo ideologico e favorire investimenti che rendano il nostro Paese e l'Europa più attrattivi", ha dichiarato Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, allineandosi alle preoccupazioni di Confindustria.
"Anche noi come Confindustria, ed è stato uno dei primi passi del presidente Emanuele Orsini, abbiamo chiesto che venga prorogato il termine", ha detto Gozzi, sottolineando che "fortunatamente si è aperto un dibattito in Europa". Gli italiani, ha detto, "sono stati i primi a sollevarlo e c'è la presa posizione del Partito Popolare Europeo che è il partito più grande al Parlamento europeo, che chiede esattamente quello che Confindustria ha chiesto tre o quattro mesi fa. Vediamo cosa succede".
La difesa dell’industria come obiettivo comune
Orsini ha ribadito che per uscire dalla crisi serve un’azione concertata tra industria, governo e sindacati, pur ammettendo una profonda frattura con questi ultimi.
"Abbiamo bisogno che il governo dimostri di voler bene all’industria, supportandola con misure concrete, come un’Ires premiale per le imprese che investono". Il presidente di Confindustria ha poi auspicato che le proposte avanzate al governo vengano ascoltate e tradotte in azioni, per non perdere il terreno conquistato in decenni di sviluppo industriale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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