Il Super Tuesday ha confermato che le elezioni presidenziali americane del 2024 saranno una fotocopia a parti invertite della competizione elettorale di quattro anni fa. E questa prospettiva ha aperto un dibattito nella comunità dell’intelligence Usa su un punto tra i più delicati: la condivisione di informazioni riservate con Donald Trump, un ex presidente incriminato, tra gli altri capi d’accusa, per aver portato al termine del suo mandato documenti classificati nella sua residenza di Mar-a-Lago in Florida.
Infatti, come da prassi, il candidato non alla Casa Bianca comincia a ricevere i briefing preparati dalle agenzie di intelligence dopo la convention di partito che attesta la sua vittoria alle primarie. E, a quanto si apprende da fonti consultate da Politico, la consuetudine verrà rispettata anche nel caso del tycoon che quindi avrà accesso a file top secret subito dopo il raduno del Gop previsto a Milwaukee a metà luglio.
La prassi, non codificata in nessuna legge, è stata adottata per la prima volta nel 1952 da Harry Truman per garantire un eventuale passaggio di poteri senza troppi intoppi. Inoltre essa permette di preparare l'aspirante commander in chief ad uno dei lavori più complessi e pericolosi del mondo.
La decisione dell’amministrazione Biden di continuare a seguire tali regole rappresenta comunque un dilemma senza precedenti. A sollevare perplessità non è solo il processo a carico dell'ex star di The Apprentice per il ritrovamento in Florida di scatoloni di informazioni riservate che non potevano lasciare il 1600 di Pennsylvania Avenue. La scoperta dei faldoni nel bagno, nella camera da letto e nel salone delle feste di Mar-a-Lago ha stupito non pochi osservatori ma a preoccupare è anche il fatto che il miliardario possa usare le informazioni ricevute per supportare i leader stranieri con cui intrattiene ancora oggi rapporti stretti, tra cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu, oppure per far "avanzare i suoi interessi”.
In molti ricordano inoltre che durante la sua presidenza Trump rivelò al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov i dettagli di un complotto dello Stato Islamico. All’epoca l’accaduto suscitò scalpore in quanto la “soffiata” era stata trasmessa agli Usa da un Paese del Medio Oriente ed essendo particolarmente delicata non era stata neanche condivisa con gli alleati dell’America. In un’altra circostanza l’allora inquilino della Casa Bianca aveva postato su Twitter la foto satellitare di un razzo esploso sulla rampa di lancio in Iran e ad un vertice ad Helsinki il tycoon affermò di avere più fiducia in Vladimir Putin che nelle agenzie di intelligence degli Stati Uniti.
“Io avrei paura a dargli informazioni classificate, chissà cosa potrebbe inventarsi”, dichiara oggi un ex funzionario dei servizi segreti mentre l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, il quale ritiene sia un errore condividere con Trump dati top secret, commenta con una punta di sarcasmo che il suo ex boss non li capirebbe nemmeno.
Ma perchè sulla scorta di queste riserve Biden ha quindi deciso di non fare eccezione alcuna con il repubblicano? Secondo quanto riportato da diversi media Usa il democratico vorrebbe evitare che il suo avversario possa politicizzare la questione.
Inoltre gli uomini dell’intelligence avrebbero tutto l’interesse ad apparire equidistanti. Specialmente se nel 2025 dovessero tornare a rivolgersi a The Donald con il titolo di Mr President.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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