Blocchi navali e cannoni ad acqua: le mosse della Cina contro le Filippine

Il governo di Manila ha denunciato le azioni aggressive della Repubblica popolare, che ha istituito un blocco navale all'interno della zona economica esclusiva delle Filippine e attaccato vascelli dell'arcipelago con cannoni ad acqua

Blocchi navali e cannoni ad acqua: le mosse della Cina contro le Filippine
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Sale la tensione nel sudest asiatico. Circa 135 navi della milizia marittima cinese, una delle tre branche delle forze navali della Repubblica popolare, hanno creato un vero e proprio blocco nella zona economica esclusiva delle Filippine, isolando il Whitson Reef e impedendone l’accesso ai pescatori locali che hanno lavorato lì per decenni. L’avvenimento, denunciato alcuni giorni fa dal governo di Manila, è stato confermato da video apparsi sui social network.

La notizia ha fatto seguito ad un’altra accusa mossa contro la Cina dalle autorità filippine, secondo cui un vascello di pattuglia dell’arcipelago è stato bersagliato con cannoni ad acqua dalla guardia costiera di Pechino. Questo incidente, anch’esso documentato da un video, si è verificato presso la secca di Scarborough, un atollo del mar Cinese Meridionale al centro della disputa tra i due Paesi. La Repubblica popolare, infatti, ne ha preso il controllo del 2012 e ha spesso condotto azioni ostili contro i pescatori dell’arcipelago in quell’area. Il governo cinese ha affermato di aver utilizzato “misure di controllo” contro navi entrate nelle sue acque territoriali, mentre le autorità filippine hanno fermamente condannato “l’azione aggressiva e illegale” ai danni delle proprie imbarcazioni, che erano impegnate nella consegna di provviste e carburante ai pescherecci.

I due avvenimenti sono solo gli ultimi di una serie di frizioni tra i due Paesi, aumentate da quando Ferdinand Marcos Junior è diventato presidente delle Filippine nel 2022. Pechino, infatti, non vede di buon occhio le esercitazioni navali congiunte tra la marina militare di Manila e gli altri attori del Pacifico, in particolare Stati Uniti e Australia. Il presidente americano Joe Biden, inoltre, ha dichiarato ad ottobre che Washington è pronta a proteggere l’arcipelago in caso di attacco da parte della Repubblica popolare, rendendolo un altro tassello della strategia di contenimento statunitense nello scacchiere asiatico e, in particolare, nel mar Cinese Meridionale.

Queste acque sono oggetto di contese tra Pechino e vari Stati, tra cui Filippine, Taiwan, Brunei, Vietnam e Malesia.

Nel 2016, un tribunale internazionale ha invalidato le pretese cinesi sul 90% di quest’area marittima, ma il governo della superpotenza non ha mai riconosciuto il verdetto e, negli ultimi anni, ha costruito varie isole artificiali per ampliare il proprio controllo a discapito di nazioni che non hanno la forza o l’intenzione di opporsi a questo espansionismo illegale.

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