Non c'è fine al mistero che ruota attorno alla “sindrome dell’Avana”, gli inspiegabili disturbi segnalati per la prima volta a Cuba nel 2016 dal personale dell’ambasciata Usa e poi riportati anche da altre missioni diplomatiche. I sospetti su azioni di Russia, Cina e Iran non sono mai stati messi a tacere. Eppure la maggior parte della comunità di intelligence statunitense ritiene “molto improbabile” che dietro i sintomi anomali segnalati ci sia l'opera di uno Stato ostile.
Tale valutazione è contenuta in un rapporto redatto da sette agenzie e dipartimenti di intelligence che hanno investigato sui sintomi denunciati da decine di diplomatici, militari e dipendenti governativi. Tra questi: vertigini, mal di testa, deficit all’udito, ansia e perdite di memoria. La conclusione dell’indagine, pubblicata nella giornata di ieri, non è però stata condivisa da due agenzie che ritengono invece sia possibile che gli avversari degli Stati Uniti abbiano sviluppato un nuovo tipo di arma in grado di scatenare i malesseri riportati.
Non è stato precisato quali siano le agenzie che si sono smarcate dal parere generale. Intanto un alto funzionario anonimo dell’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale ha dichiarato al Wall Street Journal che la comunità degli 007 ha lavorato mantenendo la propria obiettività “di fronte a pressioni impossibili”. Il senatore Mark Warner della commissione Intelligence del Senato ha fatto sapere che se fosse coinvolto un attore straniero “si tratterebbe di un attacco inaccettabile al personale statunitense e alle loro famiglie che richiederebbe una risposta energica”.
Tutto è cominciato nel 2016 quando diplomatici Usa a Cuba hanno segnalato vari malesseri dopo aver sentito rumori penetranti durante la notte. Testimonianze che hanno sollevato il sospetto di un impiego da parte di entità nemiche di sofisticate armi sonar. All’epoca il dipartimento di Stato ritirò dall’Avana il suo personale non essenziale prendendo atto che le autorità dell’isola non erano in grado di mantenere la sicurezza dei dipendenti. Altri disturbi sono poi stati denunciati da americani che lavoravano presso le ambasciate Usa in Austria, Australia, Cina, Germania e Russia e persino da elementi del governo a Washington D.C.
Che sulle cause della “sindrome dell’Avana” ci sia ancora incertezza, non solo tra le agenzie di 007, lo confermano funzionari dell’amministrazione uscente di Joe Biden. Il New York Times cita un alto ufficiale anonimo della Casa Bianca secondo il quale “non abbiamo tutte le risposte”. Il quotidiano sottolinea che la messa in discussione della conclusione raggiunta dalla maggioranza dalle spie americane rappresenta un’eccezione se si considera il rispetto dimostrato sin qui dall’attuale presidente nei confronti delle valutazioni fatte dall'intelligence.
Mark Zaid, un avvocato che rappresenta alcune vittime della “sindrome dell’Avana”, ha detto che le spie Usa continuano a nascondere la verità menzionando proprio lo scetticismo manifestato dall’amministrazione Biden sul rapporto appena pubblicato. Dichiarazioni a cui si associa Mark Lenzi, un ufficiale del dipartimento di Stato che ha sviluppato in Cina sintomi anomali ed è ancora sotto trattamento medico. Lenzi si dice certo che i suoi disturbi siano stati causati da un’arma o un dispositivo che potrebbe provocare lesioni cerebrali.
Ad aprile dello scorso anno un'inchiesta giornalistica condotta da The Insider, dal Der Spiegel e dal programma televisivo 60 Minutes ha rivelato che nella misteriosa vicenda potrebbe esserci lo zampino di Mosca.
In particolare, autori degli attacchi con armi ad energia diretta sarebbero stati membri dell'unità russa GRU 29155, geolocalizzati negli stessi luoghi - e con tempistiche compatibili - in cui sono stati riportati i sintomi inspiegabili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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