A che gioco sta giocando Obama?

Ha elogiato il presidente, che lui ha avuto come vice per otto anni. Ma non ha fatto alcuna menzione a Kamala Harris come possibile sostituita nella corsa alla Casa Bianca. In modo enigmatico ha parlato di "acque inesplorate" per i democratici

A che gioco sta giocando Obama?
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Che ruolo ha avuto e sta giocando Barack Obama in questa delicatissima fase politica, con il presidente in carica Biden he ha fatto un passo indietro, decidendo di non correre per la Casa Bianca nelle elezioni del prossimo novembre?

Diciamo subito che l'ex presidente ha scelto di tenere un profilo basso, anzi, a onor del vero ha scelto proprio il silenzio: zero commenti, zero sostegni (endorsement). Nulla di nulla, salvo una laconica frase: "Il partito democratico naviga in acque sconosciute". Che tradotto in parole povere vuol dire: siamo in presenza di una cicostanza mai vista prima, non sappiamo come andranno a finire le cose.

Il problema, però, è che Obama non è un commentatore o militante qualsiasi. Oltre che essere un ex presidente è ancora giovane e influente, non solo in casa dem. Quindi sapere come la pensa e con chi sta politicamente non è secondario.

Dietro il silenzio qualcuno scorge l'identikit dell'ispiratore, oppure di colui che ha dato la "pugnalata finale" a Biden, costringendolo a porre fine alla propria corsa, anche per la chiusura dei rubinetti (finanziamenti) da parte dei grossi donatori. E si sa bene che, in fatto di raccolta fondi Obama è ancora una macchina da guerra. Dopo la "bomba" fatta deflagrare da Biden ha destato un certo scalpore che Obama abbia elogiato il presidente (com'era per certi versi scontato) senza alcun minimo cenno a Kamala Harris. È come se avesse voluto palesare il proprio mancato endorsement.

Ecco cosa ha scritto di preciso Obama nella nota diffusa dopo la notizia del passo indietro di Biden: "Nei prossimi giorni navigheremo in acque inesplorate. Ma ho una fiducia enorme nel fatto che i leader del nostro partito saranno in grado di creare un processo da cui emergerà un candidato eccezionale".

In altre parole - e lo dice chiaramente - affida ai leader democratici il compito di creare (innescare) un processo a seguito del quale verrà fuori un altro candidato. Dà quasi per scontato - escludendola - che non debba essere la Harris a correre, come invece indicato da Biden.

Qualcuno per difendere Obama sottolinea che l'ex presidente si stia muovendo "come un anziano imparziale al di sopra delle macchinazioni interne al partito". Quindi nessuno sgarbo alla Harris, ma solo che, "non avendo in mente nessun candidato alternativo... ha deciso di non appoggiare immediatamente Harris". In altre parole, secondo alcune fonti dem citate dal New York Times, "non bisogna leggere troppo dentro" questa mossa. Semplicemente Obama non ha ancora idea di cosa sia giusto fare.

Ma c'è un altro aspetto non secondario da pesare, molto importante da un punto di vista psicologico. Biden non ha mai perdonato Obama per non averlo sostenuto nel 2016, preferendogli Hillary Clinton, che poi perse con Trump. In realtà non fu solo Obama a voltare le spalle a Biden qualla volta. Determinanti furono anche Nancy Pelosi e l'attuale leader della maggioranza dem al Senato, Chuck Schumer. Lo hanno fatto anche oggi, con Obama d'accordo, anche se più defilato. I grandi leader del partito hanno scaricato Biden, di fatto obbligandolo a farsi da parte. Avrebbero dovuto e potuto farlo un anno fa, ma non ci riuscirono (o non vollero farlo).

Biden si è ripresentato alle primarie (simboliche) del partito dell'asinello e, ovviamente, da presidente in carica le ha vinte. Quest'anno, facendo leva sulla acclarata debolezza del presidente, a buoi quasi del tutto scappati i maggiorenti dem hanno chiuso la stalla, sperando di salvare il salvabile e che non sia troppo tardi.

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