La globalizzazione è nel caos e l'Occidente sembra in diversi casi aver smarrito i punti di riferimento per gestirla e governarla. La crisi pandemica iniziata nel 2020 e la guerra in Ucraina esplosa un anno fa, con conseguente shock energetico, hanno portato tensioni e caos nel cuore dell'Europa, facendo sentire più vicine a noi le conseguenze di una serie di dinamiche avviatesi fin dall'inizio del secolo.
Già in precedenza il sistema globale era stato colpito, per limitarci all'ultimo ventennio da una recessione mondiale, dall’insorgenza terroristica, da una serie di crisi generalizzate per il mondo. Tanto da portare diversi commentatori a chiedersi se sia legittimo parlare ancora di globalizzazione.
La fase storica che stiamo vivendo ha posto sotto gli occhi di tutti quanto fossero illusori i miti degli Anni Novanta, quando si cantava a livello politico e mediatico un mondo "piatto", fatto di commerci e leggi di mercato come unici determinanti dell'ordine globale. E segnato, inevitabilmente, dalla fiducia nel valore progressivo della democrazia liberale, destinata a coinvolgere grazie all'apertura di mercato tutte le nazioni. Casi come la Cina e la Russia, che hanno provato a sfruttare i vantaggi commerciali della globalizzazione senza fare un minimo passo in direzione della libertà interna, testimoniano la fallacia di questa lettura.
La globalizzazione, dopo vent'anni di crisi continue, vede convivere al suo interno pulsioni liberiste, spinte sovraniste, azioni di grandi potenze capace di bilanciare interesse nazionale e questioni economiche. Narrata come prodotto delle multinazionali, è in realtà plasmata dagli Stati. Le cui rivalità plasmano ancora l'ordine globale. Dalla sfida tra Pechino e Washington alla spada di Damocle ucraina, da crisi di sistema mai risolte (gli ultimi giorni ci hanno fatto riscoprire ad esempio il dramma siriano) ad altre che potrebbero esplodere, tra la sfida energetica e la minaccia di una nuova recessione finanziaria, il mondo è caotico e imprevedibile. E soprattutto i media, in certi casi, sembrano afoni e privi di coordinate nel tentativo di capirlo e leggerlo.
C'è chi, come il professor Giulio Tremonti, è arrivato a definire "fallimentare" la globalizzazione: "la matrice della globalizzazione non era economica ma politica: l’economico totalitarismo del mercato. E questo è stato, nella realtà e nei sogni di tanti, questo periodo" ora giunto a una concluisone, ha detto Tremonti a IlGiornale.it. Aggiungendo che "la globalizzazione è finita e il tempio è crollato". Gli fa eco Lucio Caracciolo, direttore di Limes, che ha sottolineato ai nostri microfoni l'importanza politica della riscoperta delle identità all'ombra della crisi del mondo globalizzato: "assistiamo alla proliferazione di una serie di Storie e di narrazioni coltivate dalle potenze con fini pret-a-porter. Che in larga parte coincidono con gli interessi nazionali delle singole potenze" intente a competere per il predominio globale.
Ci si aspetterebbe, in quest'ottica, dai media un atteggiamento combattivo, da cani da guardia del sistema. Ma il panorama mediatico occidentale, dopo anni di elogio della globalizzazione, sembra aver perso capacità critica, come ha dichiarato Marcello Foa, ex presidente della Rai, secondo cui "da realtà indipendenti e capaci di contrastare in maniera coraggiosa e autorevole il potere, questi soggetti sono diventati, negli ultimi 5 o 6 anni, uno strumento di lotta politica, dimostrando atteggiamenti e scelte che sono chiaramente partigiane", soprattutto nei confronti dei critici di un sistema che pare messo a repentaglio dalle evoluzioni più recenti.
Tremonti, Caracciolo e Foa saranno domani ospiti de IlGiornale.it e InsideOver al convegno Chi decide le sorti del nostro futuro che si terrà venerdì prossimo (alle ore 18:00 ) al Palazzo delle Stelline a Milano, moderato da Andrea Indini, caporedattore de IlGiornale.it. Per chi non potrà partecipare in presenza, l'evento si potrà seguire anche in streaming, sempre a partire dalle ore 18:00, sul sito e sui canali social de ilGiornale.it.
Sarà l'occasione per fare il punto sullo stato di salute della globalizzazione, sulle sue prospettive e sulle dinamiche politiche che riguarderanno i prossimi anni.
Per capire in che stato di salute siano i sistemi di potere globali, gli assetti istituzionali delle principali potenze e, soprattutto, i nostri apparati sociali e civili, custodi delle libertà democratiche irrinunciabili per il nostro progresso, dopo vent'anni di violente trasformazioni della globalizzazioni. Capaci, sommate l'una all'altra, di impattare duramente nella nostra quotidianità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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