Il dilemma degli ebrei. L'Iran sceglie la Harris

Israele guarda al voto mentre i missili piovono e i soldati vengono uccisi, ma ha molto indebolito il nemico e certo Netanyahu cerca la strada per concludere una guerra vittoriosa

Il dilemma degli ebrei. L'Iran sceglie la Harris
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Gli ebrei americani, 7 milioni e mezzo, un numero pari quasi a quello di tutti gli ebrei che vivono nello stato d'Israele (9 milioni e mezzo che comprendono anche i cittadini arabi), sono sempre stati per la maggioranza di sinistra. Adesso, il baratro che separa le ragioni di una guerra di sopravvivenza da quella, fino a ieri di Biden, di vincere le elezioni puntando anche a un pubblico pacifista e woke, hanno cambiato un po' le cose, ma non si sa ancora quanto. Di sicuro Trump offre una spalla più robusta quando dice che Hamas non avrebbe osato attaccare se lui fosse stato al potere, e non si può negare che può esserci qualcosa di vero. E tuttavia anche Biden ha detto qualche «don't» agli irianiani, ottimo finché non si trasformato in un «don't» anche a Israele, e soprattutto, alla fine non si è tirato indietro nel fornire armi al suo unico alleato democratico in Medioriente. Certo, non l'ha fatto per beneficenza, e tuttavia Kamala Harris ne avrà i vantaggi che forse una sua gestione non avrebbe meritato.

E così, come il resto del voto anche quello degli ebrei americani è un mistero. Harris si è molto buttata a sinistra puntando su giovani e donne; nei suoi ultimi discorsi in Pennsylvania promette di fermare la guerra e lamenta la «insopportabile» perdita di civili a Gaza; però, aggiunge che si batterà con tutti i mezzi per riportare a casa i rapiti. La par condicio è la sua linea: aggiunge anche che il 7 ottobre è stato un crimine imperdonabile, però avverte che la pace consiste nel creare uno stato palestinese. Questo, unito al fatto che non si presentò al Congresso il 24 luglio quando Netanyahu vi prese la parola, e che ha considerato «real» ben due volte la questione che un elettore ha posto a un suo comizio, ovvero se Israele sia uno stato genocida, non fa di lei una candidata affidabile per Israele e per gli ebrei che vedono che l'ondata di antisemitismo causata dai movimenti propal «from the river to the sea» che propagandano su Israele stupidaggini senza vergogna. Harris non l'ha mai denunciato.

Circa l'80% degli ebrei americani votavano a sinistra, ora la percentuale si è ristretta. Trump ha alzato la voce: siete pazzi, è la fine d'Israele, e se perdo la colpa è vostra. Trump ha anche avuto con Netanyahu un momento di rottura quando Bibi ha porto le congratulazioni a Biden nel momento delle elezioni, è ombroso e caratteriale, ha tenuto un discorso ambiguo sulla fine della guerra cercando anche il voto musulmano: pure è il presidente che ha con coraggio portato la sua ambasciata a Gerusalemme, ha messo al bando gli inutili accordi nucleari con l'Iran. Ha creato gli accordi Abramo e oggi rassicurerebbe i Paesi sunniti che temono l'Iran su una pace possibile dopo l'azione militare che Israele sta portando a termine.

L'Iran intanto, mentre minaccia l'attacco a Israele per spaventare gli elettori, informa che tiene apertamente per Kamala. Trump ha già detto che Israele ha come vero obiettivo la cessazione della minaccia atomica. Dunque, se l'Iran attaccherà Israele, Netanyahu che finora ha mostrato una sua certa equidistanza dai candidati, osservando la regola di Biden di non colpirne le strutture atomiche e energetiche, stavolta potrebbe rispondere subito gestendo una doppia possibilità: quella che anche una nuova gestione Harris accetterebbe se l'Iran attacca con i missili balistici e quella che Trump se eletto approverebbe perché prepara il terreno a una gestione solida del futuro mediorientale. Anche Harris non avrebbe ragione di dispiacersene.

Israele guarda al voto mentre i missili piovono e i soldati vengono uccisi, ma ha molto indebolito il nemico e certo Netanyahu cerca la strada per concludere una guerra vittoriosa: in realtà Trump fornisce maggiore sicurezza perché, con tutti suoi difetti, è convinto che Israele sia il bastione della civiltà

democratica; la Harris ha ereditato nei consiglieri e nell'impostazione ideologica, l'ambizione internazionalista di Obama. Che non ha portato fortuna né ai Paesi Arabi, né a Israele, né agli Stati Uniti e nemmeno all'Europa.

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