Al Jolani promette moderazione in Siria. Washington: "Attendiamo i fatti"

Sin qui i capi dei miliziani che hanno posto fine al regime di Assad hanno dato prova di moderazione. Amministrare il Paese non sarà però un'impresa facile

Al Jolani promette moderazione in Siria. Washington: "Attendiamo i fatti"
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Dialogo con le diverse comunità e rispetto per tutti i siriani. Se fosse un partito impegnato in una regolare competizione elettorale questi potrebbero essere gli slogan di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), l’organizzazione islamista che l’8 dicembre ha detronizzato il dittatore Bashar al-Assad. A ripetere parole rassicuranti su come gli ex qaedisti intendono guidare la Siria nei prossimi mesi non è solo il leader dei miliziani, che ha abbandonato il suo nome di guerra Mohammad al-Jolani per tornare a quello di Ahmad al Aharaa, ma anche i suoi più stretti collaboratori. E mentre gli Stati Uniti tolgono la taglia che pendeva sulla testa dell'uomo che ha trascorso cinque anni in una prigione americana in Iraq la comunità internazionale si interroga su quale sia il vero volto dei nuovi signori di Damasco.

Hts ha riaperto le scuole e fatto tornare al lavoro i dipendenti pubblici, ha smantellato l’apparato militare e di sicurezza messo in piedi dal regime alawita decidendo però in maniera pragmatica di preservare diverse istituzioni statali. L’approccio degli integralisti ha stupito gli osservatori e i diplomatici che in queste ore stanno facendo visita alle autorità della Siria. Barbara Leaf, assistente del segretario di Stato Usa, dopo aver incontrato Sharaa ha affermato di aver sentito dichiarazioni “molto moderate su varie questioni, dai diritti delle donne alla protezione dell’uguaglianza dei diritti per tutte le comunità” sottolineando comunque che saranno i fatti ad essere giudicati e non le parole.

Il programma di Hts, riporta il Wall Street Journal, è stato spiegato ai giornalisti da Mohamed Khaled, membro dell’ufficio affari politici del gruppo: unire i gruppi ribelli in un esercito nazionale, riaccogliere i milioni di rifugiati siriani ora all'estero, redigere una costituzione e gestire una transizione di un anno circa per porre le basi per un futuro governo. Durante questa fase, ha detto Khaled, verranno discusse le questioni più delicate tra cui i codici di abbigliamento delle donne, i diritti delle persone LGBT e il consumo di alcolici precisando che le elezioni dovranno aspettare.

La nuova leadership siriana sarà valutata anche in base a come gestirà le relazioni con gli altri Stati. E su questo punto è la Turchia, grazie al sostegno fornito ai miliziani, ad avere in mano le carte migliori. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il suo Paese aiuterà la Siria a formare una struttura statale e a scrivere la costituzione mentre il ministro degli Esteri e il capo dell’intelligence di Ankara hanno già fatto tappa a Damasco.

Sulla Turchia il leader di Hts, avvicinato anche dai russi per via delle loro basi a Tartus e Khmeimim, puntualizza che quella dell’8 dicembre è stata una “vittoria della resistenza siriana” e “Ankara non c’entra nulla”. Sharaa sta inoltre dando prova di moderazione anche nei confronti di Israele non minacciandolo nonostante Tel Aviv abbia colpito strutture militari e occupato territori tra il Golan e il monte Hermon.

Gli analisti fanno notare che le posizioni degli ex qaedisti e il loro impegno dimostrato contro l’Isis negli anni in cui amministravano la provincia di Idlib potrebbero aprire la strada ad una rimozione di Hts dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Quanto al giudizio sulle loro capacità politiche bisognerà ancora attendere.

Un diplomatico europeo che ha incontrato Sharaa ha riassunto le aspettative della comunità internazionale nei confronti della leadership di Damasco sostenendo che dal nuovo governo ci si aspetta degli errori aggiungendo che “la questione per l’Occidente è quali errori tollerare”.

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